Diritto alla disconnessione: Quando lavorare meglio significa anche sapere quando smettere

diritto alla disconnessione

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Nell’epoca del lavoro flessibile, parlare di mobilità significa molto più che organizzare spostamenti. Per i mobility manager, il diritto alla disconnessione è diventato un tassello cruciale nella progettazione di ambienti di lavoro sostenibili. Mentre lo smart working entra a pieno titolo nei PSCL, il confine tra orario lavorativo e tempo personale rischia di diventare sempre più labile. Ma cosa succede quando il tragitto casa-lavoro si riduce, e la reperibilità digitale lo sostituisce? In questo articolo esploriamo come il diritto alla disconnessione non sia solo un tema normativo, ma una leva strategica per chi gestisce persone, tempi e spazi.

Smart working e diritto alla disconnessione: un equilibrio da costruire

Il diritto alla disconnessione è diventato uno snodo strategico per chi si occupa di mobilità aziendale, soprattutto da quando lo smart working è entrato stabilmente tra le modalità di lavoro considerate nei Piani di Spostamento Casa-Lavoro (PSCL). Non si tratta solo di una questione sindacale o psicologica, ma di un equilibrio delicato che riguarda il benessere organizzativo, la produttività e la sostenibilità dei modelli lavorativi ibridi. Se da un lato la digitalizzazione ha permesso di superare le barriere fisiche e geografiche del lavoro, dall’altro ha reso più labili i confini tra tempo di lavoro e tempo personale. Per i mobility manager, questa è una questione concreta: una cattiva gestione dei tempi di connessione compromette la sostenibilità della mobilità interna ed esterna, aumenta lo stress dei lavoratori e riduce l’efficacia degli strumenti organizzativi messi in campo.

Diritto alla disconnessione legge 81/2017 e 61/2021 in Italia

Nel contesto italiano, il riferimento normativo principale è la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, che regola il lavoro agile. L’articolo 18 definisce che la prestazione lavorativa in modalità smart è frutto di un accordo tra datore e dipendente, che deve rispettare i limiti di durata massima dell’orario di lavoro previsti dalla legge e dai contratti collettivi. Ma è l’articolo 19 a introdurre esplicitamente la necessità di prevedere momenti di disconnessione: si richiede infatti che gli accordi individuali includano misure tecniche e organizzative per garantire il diritto al riposo. Questo diritto, però, non ha ancora in Italia una cornice univoca e vincolante come accade in altri Paesi europei, dove il legislatore ha imposto limiti più netti alla reperibilità fuori orario.

L’importanza della disconnessione non è solo normativa, ma funzionale alla salute dei lavoratori. Lo ha ribadito il Garante per la protezione dei dati personali, con un intervento del 13 maggio 2020: mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata significa anche proteggere la libertà individuale dall’invasività degli strumenti tecnologici, evitando che la prestazione lavorativa si estenda in modo indefinito e incontrollato. La stessa impostazione è stata recepita dalla Legge n. 61 del 6 maggio 2021, che durante l’emergenza sanitaria ha confermato il diritto alla disconnessione per i lavoratori agili, sottolineando che la mancata reperibilità fuori orario non può comportare conseguenze sul piano retributivo o disciplinare.

Il ruolo della contrattazione collettiva e delle best practice aziendali

Nel dicembre 2021, con il Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato, firmato da Ministero del Lavoro e parti sociali, si è ribadita la necessità di individuare fasce di disconnessione chiare e condivise, da definire negli accordi individuali o aziendali. La mancanza di una norma generale ha spinto diverse aziende a muoversi in autonomia: casi come Barilla (già nel 2015), il comparto bancario e quello assicurativo hanno regolato in via contrattuale o regolamentare la reperibilità e l’uso degli strumenti digitali al di fuori dell’orario lavorativo. Anche nel pubblico impiego si sono visti passi avanti, con il CCNL Istruzione e Ricerca 2016/2018 che affida alla contrattazione integrativa la disciplina degli strumenti di lavoro extra-orario.

Smart working disconnessione e benessere: un legame strategico per i PSCL

Per i mobility manager, questi dati sono tutt’altro che marginali. Inserire lo smart working nei PSCL significa valutare non solo l’impatto sulla riduzione degli spostamenti fisici, ma anche quello sulla qualità della vita e sui tempi di recupero. Lavoratori costantemente reperibili, che vivono la connessione come obbligo implicito, mostrano livelli più alti di stress, burnout e demotivazione. Il rapporto Eurofound 2023 “Right to disconnect: implementation and impact at company level” conferma che nei contesti in cui manca una regolamentazione esplicita, aumentano i disturbi legati alla pressione digitale, come mal di testa, insonnia, ansia, calo della concentrazione. Al contrario, nelle aziende che hanno stabilito regole chiare sul diritto alla disconnessione, si rilevano maggior soddisfazione lavorativa, migliore equilibrio vita-lavoro e una maggiore capacità di mantenere alta la produttività nel tempo.

Diritto alla disconnessione smart working nel panorama europeo

Non è un caso che il Parlamento Europeo, con la Risoluzione del 21 gennaio 2021, abbia sollecitato la Commissione a proporre una direttiva per il diritto alla disconnessione. L’Unione Europea riconosce come prioritaria l’adozione di misure organizzative e tecniche che permettano ai lavoratori di disattivare gli strumenti digitali senza subire pressioni o penalizzazioni. Tra le proposte indicate nella Risoluzione vi sono l’informazione chiara e scritta ai lavoratori sul loro diritto a non essere contattati, la predisposizione di sistemi per registrare l’effettivo orario di lavoro, campagne formative per la cultura della disconnessione e la valutazione dei rischi psicologici connessi alla connessione continua.

A oggi, nove Paesi europei hanno introdotto forme di regolamentazione del diritto alla disconnessione, tra cui Francia, Spagna, Belgio, Grecia e Italia. In Francia, la Loi Travail del 2016 è intervenuta direttamente sul Codice del Lavoro per obbligare le imprese con più di 50 dipendenti a prevedere tempi e modalità di disconnessione. In Belgio la soglia è fissata a 20 dipendenti, mentre in altri Paesi, come la Slovacchia o la Grecia, la tutela è limitata ai telelavoratori. Le modalità di applicazione variano molto: in Grecia, ad esempio, la Legge 4808/2021 disciplina il diritto direttamente, mentre in Irlanda e Lussemburgo si preferisce affidarsi alla contrattazione collettiva o alle policy aziendali. In Spagna, Portogallo e Lussemburgo sono anche previste sanzioni pecuniarie per le aziende che violano tali obblighi.

Un’opportunità per i mobility manager: disconnessione come leva di sostenibilità

In Italia manca ancora una legge organica che disciplini in modo uniforme il diritto alla disconnessione in tutti i contesti lavorativi. Tuttavia, l’integrazione dello smart working nei PSCL offre ai mobility manager un’opportunità concreta: è possibile proporre soluzioni contrattuali e organizzative che non solo riducano gli spostamenti, ma valorizzino anche il tempo di vita dei lavoratori. Prevedere fasce orarie di disconnessione, escludere la reperibilità nei fine settimana e nei giorni festivi, monitorare il carico informativo e formare i team all’uso consapevole degli strumenti digitali sono pratiche che possono e devono rientrare nella strategia di mobilità interna delle aziende. La disconnessione, in questo senso, non è una pausa dal lavoro, ma parte integrante del modo in cui lavoriamo oggi: più sostenibile, più sano, più intelligente.

Photo credit: energepic.com

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