Viaggi d’affari e DE&I: BCD Travel presenta la prima ricerca italiana su Diversità, Equità e Inclusione nel business travel

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C’è una domanda che, negli ultimi mesi, è tornata spesso nelle conversazioni con chi si occupa di viaggi aziendali: siamo davvero pronti a rendere i business travel più inclusivi, più equi, più accessibili per tutti?

Ieri, a Milano, abbiamo provato a rispondere insieme, durante Connections, l’evento annuale organizzato da BCD Travel.
Un momento di confronto, ma anche un’occasione speciale: è stata infatti presentata la ricerca di BCD Travel “Dalla valorizzazione delle persone all’accessibilità universale”, che abbiamo contribuito a realizzare anche quest’anno come Travel for business, con l’obiettivo di portare il tema della Diversità, Equità e Inclusione (D.E.I.) al centro del business travel in Italia.

Un’indagine che racconta le persone, non solo i numeri

Abbiamo coinvolto 115 travel manager italiani, di aziende molto diverse per dimensioni, settori e approcci. A ciascuno abbiamo chiesto di raccontare cosa vede, cosa vive, quali ostacoli incontra e quali opportunità intravede nel rendere i viaggi aziendali più inclusivi.

Ne è uscita una fotografia chiara: autentica e soprattutto utile.
Perché mette a fuoco una transizione in corso: quella di tante imprese che stanno cercando – con strumenti ancora diversi e a volte acerbi – di ascoltare meglio i propri viaggiatori, di rispondere in modo più consapevole ai loro bisogni.

Le priorità emergenti: accessibilità, equità, sicurezza

Ci sono tre parole che tornano con forza nelle risposte dei travel manager: accessibilità, equità, sicurezza.

  • Il 78% indica l’accessibilità per le persone con disabilità come tema prioritario.
  • Il 73% segnala l’equità nella gestione di spese e rimborsi.
  • Il 57% richiama l’attenzione sulla sicurezza delle donne in viaggio.

Sono percentuali che non sorprendono, ma che fanno riflettere. Perché raccontano un cambiamento culturale che inizia a farsi strada. L’inclusione, oggi, è qualcosa che tocca la logistica, il benessere, l’operatività quotidiana.

C’è una policy? Solo in pochi casi. Ma il tema è aperto.

Solo 1 azienda su 10 ha già una travel policy strutturata sul tema DE&I. Un altro 9,5% ha indicazioni parziali. Molti – il 36% – preferiscono gestire “caso per caso”.
È un approccio che privilegia la flessibilità, e che spesso nasce dalla volontà di fare bene, anche senza strumenti formali.

Ma il dato che colpisce è un altro: quasi un terzo delle aziende non ha ancora valutato la DE&I nella gestione dei viaggi aziendali. Non per disinteresse – questo è emerso chiaramente – ma perché manca formazione, confronto, a volte anche consapevolezza.

Non tutti si sentono liberi di esprimere le proprie esigenze

Uno dei dati che mi ha colpito di più arriva da questa semplice constatazione: le differenze ci sono, ma spesso restano inespresse.
Il 74,5% dei travel manager dice di notare esigenze legate all’età, alla cultura, alla condizione personale dei viaggiatori. Ma quasi il 40% ammette che queste differenze non emergono chiaramente.

E qui si apre un tema delicato: il bisogno di ascolto autentico, la costruzione di un ambiente in cui le persone si sentano libere di raccontarsi, senza timore di apparire “complicate”. È una questione che tocca la sicurezza psicologica, non solo le policy.

E qualcuno, purtroppo, rinuncia

Sì, ci sono ancora persone che rinunciano a viaggiare per motivi legati alla diversità. Lo ha segnalato un 4,5% dei partecipanti. Non è una cifra enorme. Ma è un segnale. Un campanello d’allarme. Se viaggiare per lavoro diventa fonte di stress, disagio o esclusione, allora c’è qualcosa che va ripensato.

Chi ha più bisogno di protezione?

Le risposte sono state nette:

  • Le persone con disabilità sono considerate dal +80% il gruppo più vulnerabile.
  • A seguire, le donne (64%), per motivi di sicurezza.
  • Poi LGBTQ+, gruppi religiosi, over 55, under 25.

Un elenco che dice molto. Ma che dice anche che c’è ancora tanto non detto, tanto sommerso, che va scoperto, accolto e valorizzato.

Le barriere? Non solo economiche

Si tende a pensare che l’inclusione sia una questione di costi. In realtà, la prima barriera segnalata è la mancanza di formazione e consapevolezza (53%). Poi arrivano i vincoli di budget (42%) e la resistenza culturale (34%).

Solo il 30% segnala la scarsità di fornitori accessibili. Ma è un dato che pesa, perché ricorda che anche la filiera – hotel, compagnie aeree, agenzie – deve fare la sua parte.

E allora, che cosa possiamo fare?

È qui che la ricerca diventa davvero interessante.
Non solo perché offre soluzioni pratiche, ma perché ci mostra un cambio di prospettiva: dalla logistica all’identità, dal viaggio al valore.

Certo, le risposte operative non mancano.
Il 49% dei travel manager propone forme di supporto personalizzato per i viaggiatori più vulnerabili.
Il 40% punta sulla formazione interna per aumentare la consapevolezza.
Il 27,5% suggerisce di lavorare a monte, scegliendo fornitori con policy DE&I certificate.
E poi: alloggi accessibili, trasporti adatti, reportistica dedicata. Strumenti importanti, ma non sufficienti da soli.

Perché dietro a tutto questo c’è una trasformazione più profonda. Il concetto di inclusione richiama la necessità di personalizzare, sì, ma anche di ascoltare, prevedere, evolvere. Non esiste un unico modo di viaggiare bene. Esistono esigenze diverse, culture diverse, aspettative diverse.

Il ruolo del travel manager si ridefinisce

Sta diventando, a tutti gli effetti, una leva strategica di cultura organizzativa.
Il 47% dei travel manager oggi si riconosce in un compito diverso: ascoltare le persone, raccoglierne i bisogni e integrarli nelle policy.
Altri parlano di dati, feedback, sensibilizzazione.
Temi che, fino a poco tempo fa, sembravano lontani da questo ambito.

Oggi no. Oggi accompagnare un viaggio significa prendersi cura di chi viaggia.
Con rispetto, con attenzione, con un pensiero in più.
Perché ogni spostamento è anche un’esperienza di relazione, fiducia, riconoscimento.
E in fondo, la vera inclusività comincia proprio da lì.

Un nuovo modello, più flessibile e umano

Quello che emerge da questa ricerca non è un punto di arrivo. È un punto di partenza.
Serve un approccio più dinamico, più umano-centrico, che sappia ascoltare, adattarsi, anticipare. L’inclusione, nel business travel, non si costruisce con regole rigide, ma con una cultura dell’ascolto e della responsabilità condivisa.

E forse è proprio questo il messaggio più forte che ci portiamo a casa da Connections:
le aziende stanno cambiando. E i viaggi aziendali possono diventare un’occasione per cambiare insieme a loro.

Scarica la ricerca!

Inquadra il qr code, oppure vai direttamente a questo link https://www.bcdtravel.com/it/wp-content/uploads/sites/61/DEI-Business-travel-whitepaper.pdf

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