AI e sicurezza stradale: come l’intelligenza artificiale sta ridisegnando la mobilità urbana

AI e sicurezza stradale

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Dal RoadSafeAI ai dati raccolti dal MIT, l’Urban Mobility Council mostra come prevenire gli incidenti stradali grazie a immagini, telemetria e algoritmi predittivi

Durante il quarto appuntamento dell’Urban Mobility Council – il think tank dedicato al futuro della mobilità promosso da Unipol – si è parlato di una rivoluzione silenziosa ma potentissima: quella che passa per l’analisi dei dati, l’uso delle immagini stradali e la potenza predittiva degli algoritmi. A raccontarla, i risultati di due centri di eccellenza internazionali: il Politecnico di Milano e il MIT Senseable City Lab. È stata anche l’occasione per presentare il primo Rapporto ufficiale dell’Urban Mobility Council, realizzato insieme a Isfort, che fotografa con precisione lo stato (e i problemi) della mobilità italiana.

Il messaggio che emerge da queste ricerche è chiaro: per rendere le città più sicure non basta mettere cartelli. Serve una nuova visione dell’urbanistica, in cui i dati, le immagini e i comportamenti reali diventano strumenti decisionali. L’intelligenza artificiale, in questo scenario, non è un fine, ma un mezzo per rendere la mobilità urbana più attenta, più informata e soprattutto più umana (oltre che meno inquinata).

Mappare il rischio sulle strade con AI

Uno dei progetti più innovativi è “RoadSafeAI”, un modello sviluppato dal Politecnico di Milano in sinergia con UnipolTech. Il suo funzionamento si basa su un’idea semplice ma potente: combinare immagini delle strade e dati telematici – come le frenate improvvise – per “insegnare” a una rete neurale a riconoscere le zone urbane più pericolose. Niente magie, ma migliaia di ore di addestramento su porzioni di territorio urbano, suddivise in micro-segmenti di 200 metri per lato, a ciascuno dei quali viene assegnato un indice di rischio da 0 a 10.

Un esempio concreto? A Milano, in un’area centrale di 25 km², sono stati registrati oltre 80.000 eventi di decelerazione brusca in appena due anni. Sintomi evidenti di stress urbano, congestione e potenziale pericolo. Il modello AI è riuscito a prevedere con oltre il 95% di accuratezza la pericolosità anche di aree su cui non era mai stato addestrato: un risultato impressionante, che apre la strada a interventi mirati anche nei comuni più piccoli, dove mancano storici dati telematici.

La vera forza di RoadSafeAI non è solo nella sua precisione predittiva, ma nella capacità di integrarsi con dati provenienti dagli enti pubblici: statistiche sugli incidenti, report sulla viabilità, modifiche infrastrutturali previste. Questo consente ai comuni di simulare gli effetti di interventi ancora prima che vengano realizzati – come una nuova rotatoria, una pista ciclabile o un cambiamento nella segnaletica – e di individuare con lucidità chirurgica i punti neri della viabilità urbana.

Design delle strade più intelligente

Nel suo intervento, Carlo Ratti – direttore del MIT Senseable City Lab – ha proposto un cambio di paradigma: limitare la velocità non basta. Le città che vogliono davvero ridurre i rischi devono concentrarsi sul design delle strade. Una via stretta, tortuosa e circondata da edifici, rallenta naturalmente i veicoli. Una strada ampia, aperta e rettilinea, anche se segnalata con un limite di 30 km/h, invita a premere l’acceleratore.

Gli studiosi del MIT hanno messo alla prova questa intuizione su un campione enorme: milioni di immagini urbane e oltre 51 milioni di punti di telemetria veicolare, raccolti dai dispositivi UnipolTech. Prima a Milano, poi ad Amsterdam e Dubai, per testare la validità del modello in contesti diversi. Risultato? Le aree con limite a 30 km/h registrano una riduzione media della velocità di appena 2-3 km/h rispetto a zone simili con limite a 50 km/h. L’AI ha permesso di prevedere questi comportamenti e di confermare che la vera leva di cambiamento non è la norma scritta, ma l’ambiente costruito.

Troppe auto, troppo vecchie, troppo rischiose in Italia

Il quadro italiano, tuttavia, non è dei più confortanti. Come abbiamo approfondito in un altro articolo, il Rapporto dell’Urban Mobility Council, il 70% degli spostamenti quotidiani avviene in ambito urbano, e oltre la metà viene effettuata in auto. Il trasporto pubblico, nonostante i tanti sforzi, copre meno dell’8% degli spostamenti, con una maggiore presenza solo al Nord. Il parco auto è tra i più densi in Europa (70 veicoli ogni 100 abitanti), ma anche tra i più anziani: un’auto su quattro ha più di 20 anni. Le elettriche? Appena lo 0,7% del totale. La conseguenza in termini di rischio non è difficile da prevedere.

Nel 2023 si sono registrati oltre 224.000 feriti e più di 3.000 decessi sulle strade italiane, con il 73,3% degli incidenti concentrati nei centri urbani. L’Italia ha anche un tasso di mortalità superiore alla media UE, a dimostrazione del fatto che servono politiche nuove, integrate e basate sui fatti.

La green box: tecnologia meritocratica per città più pulite

Una delle proposte contenute nel Rapporto è quella di estendere l’utilizzo delle “green box”: dispositivi che monitorano in tempo reale le emissioni reali dei veicoli e i comportamenti alla guida. Questi strumenti potrebbero essere usati per decidere – in modo oggettivo e meritocratico – chi può accedere alle ZTL o ottenere agevolazioni legate alla mobilità sostenibile.

Enrico San Pietro, responsabile assicurativo del Gruppo Unipol, ha sottolineato come i dati raccolti dai dispositivi telematici possano rappresentare un’arma potentissima: “Ogni anno oltre 3.000 persone muoiono sulle strade italiane. Se possiamo prevedere dove accadrà il prossimo incidente, abbiamo il dovere di intervenire prima che succeda.”

Photo credit: Ikbal Alahmad

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