L’ipotesi di una possibile cessione di American Express Global Business Travel, affiorata negli ultimi giorni a seguito di analisi riportate da Bloomberg, arriva in uno dei momenti più delicati per il settore dei viaggi d’affari. Dopo anni segnati prima dalla pandemia, poi da un consolidamento di mercato senza precedenti, l’eventuale passaggio di mano del più grande travel management company al mondo rischia di avere conseguenze che vanno ben oltre il perimetro finanziario dell’operazione.
Amex GBT esce infatti da un 2024 complesso sul fronte borsistico, con un titolo che ha perso circa un quinto del suo valore dall’inizio dell’anno nonostante i segnali di ripresa delle attività core. Il recente closing dell’acquisizione di CWT, costata 540 milioni di dollari e completata dopo un processo durato 17 mesi, ha permesso al gruppo di ampliare in modo significativo la base transazionale: nel terzo trimestre, includendo CWT, le transazioni sono cresciute del 19 per cento e il valore totale delle operazioni ha toccato i 9,5 miliardi di dollari, segnando un +23 per cento anno su anno. Escludendo l’apporto della ex-rivale integrata, la crescita reale si ridimensiona però a un modesto +4 per cento nelle transazioni e +3 per cento nei ricavi. Un andamento in linea con il mercato, ma insufficiente a placare le pressioni degli investitori dopo la quotazione via SPAC del 2022.
In questo quadro, la notizia che il gruppo starebbe esplorando una vendita, coinvolgendo potenziali acquirenti industriali e fondi di private equity, apre interrogativi profondi sul modello industriale delle TMC in una fase in cui tecnologia, automazione e piattaforme digitali stanno ridisegnando la filiera dei viaggi aziendali. Il tempismo non è casuale: dopo l’integrazione di CWT e l’annuncio dell’alleanza strategica con SAP Concur – partnership che porterà al lancio di Complete, una piattaforma integrata per prenotazioni e gestione delle spese – il gruppo si trova nella fase iniziale del piano per realizzare 155 milioni di dollari di sinergie entro tre anni.
È proprio questo punto a rappresentare un nodo strategico. La trasformazione dei colossi TMC in piattaforme tecnologiche a valore aggiunto è ormai un trend strutturale: automatizzazione dei processi di prenotazione, centralizzazione dei dati di viaggio, machine learning per policy e compliance, integrazioni sempre più profonde con strumenti di expense e procurement. Se Amex GBT dovesse cambiare proprietà, la vera domanda sarebbe quale modello prevarrà: quello del travel management tradizionale, basato su account management, servicing e outsourcing operativo, o quello di una piattaforma software-first capace di internalizzare gran parte delle attività prima affidate a team distribuiti e competenze specialistiche.
Una vendita potrebbe accelerare il ritmo di questa transizione. Un acquirente industriale, ad esempio un’altra piattaforma travel-tech, tenderebbe probabilmente a spingere verso una convergenza digitale ancora più marcata, con razionalizzazioni pesanti dei layer operativi. Al contrario, un fondo di private equity potrebbe essere più incline a ottimizzare, scorporare o ridefinire il perimetro del gruppo per massimizzare margini e ritorni, con impatti sulla rete globale di servicing e sull’offerta multisegmento ereditata anche da CWT.
A valle, resta la questione centrale: cosa rimane del mercato TMC se anche il principale consolidatore entra in un nuovo ciclo di transazione? Lo scenario possibile è un ecosistema polarizzato: pochi grandi player iper-tecnologici, sostenuti da economie di scala, e una costellazione di operatori specializzati, più agili, orientati a personalizzazione e nicchie verticali. In mezzo, il vuoto. Per molte TMC di medie dimensioni, già sotto pressione per investimenti tecnologici difficili da sostenere e margini compressi, il rischio è essere schiacciate tra integrazioni globali e piattaforme self-service sempre più sofisticate.
Sul fronte corporate, i travel manager osservano la situazione con un misto di prudenza e inquietudine. L’alleanza Amex GBT–Concur promette un’integrazione profonda che potrebbe definire un nuovo standard di mercato ma, al tempo stesso, solleva dubbi sulla dipendenza da ecosistemi sempre più chiusi. Una eventuale operazione straordinaria aggiungerebbe un ulteriore livello di incertezza: continuità dei contratti, livelli di servizio, roadmap tecnologica, presenza locale, capacità di personalizzazione. Tutti elementi che, in un periodo di riallineamento dei budget di viaggio e di crescente attenzione ai costi, possono pesare sulle strategie di procurement delle aziende.
Da qui nasce la domanda finale, forse la più rilevante: il settore dei viaggi d’affari è ancora un settore di servizi, o è diventato un mercato tecnologico con una componente di servizio accessoria? E, se la seconda ipotesi è corretta, quale sarà la vera competenza distintiva delle TMC del futuro: la capacità di gestire persone e complessità operative, o quella di sviluppare piattaforme integrate in grado di orchestrare dati, automazione e personalizzazione su scala globale?
In attesa di capire se l’interesse per Amex GBT si tradurrà davvero in una trattativa concreta, una cosa appare chiara: la fase di consolidamento non è finita. E ogni movimento dei grandi player riscrive, un tassello alla volta, l’architettura stessa del business travel.










