Nel 2022, la Commissione europea ha pubblicato il Transition Pathway for Tourism, il primo piano industriale europeo dedicato al turismo. Più che una strategia, un esperimento: prendere un settore frammentato, stagionale, spesso arretrato sul piano tecnologico, e coinvolgerlo in una doppia rivoluzione — verde e digitale — senza una regia centralizzata. Tre anni dopo, vale la pena chiedersi: funziona davvero? E per chi?
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ToggleCosa intende l’UE per “transizione” nel turismo?
Spesso si usano parole come “resilienza”, “sostenibilità”, “ecosistema”, ma cosa significano concretamente?
- Transizione verde: ridurre le emissioni del comparto (soprattutto trasporti e ospitalità), promuovere la mobilità dolce, sviluppare l’economia circolare applicata ai servizi turistici. Ma senza una carbon tax né obblighi vincolanti: solo incentivi e regolamentazioni indirette.
- Transizione digitale: migliorare l’uso dei dati per gestire i flussi, integrare trasporti multimodali, supportare le PMI nell’adozione di strumenti intelligenti. Ma la frammentazione tecnologica resta enorme.
- Inclusione e resilienza: rendere il turismo più accessibile a tutti (anziani, disabili, viaggiatori con bisogni specifici), ridurre la dipendenza da pochi mercati, e valorizzare mete alternative.
Queste ambizioni si traducono in 27 aree tematiche di intervento, con centinaia di azioni coordinate e promesse volontarie — i cosiddetti pledges — firmate da attori pubblici e privati.
Ma quali risultati concreti abbiamo oggi?
Secondo il secondo rapporto pubblicato dalla Commissione nel 2025:
- 240 organizzazioni hanno sottoscritto 529 azioni di impegno.
- 22 Stati membri hanno incluso la sostenibilità nelle proprie strategie turistiche.
- Sono nate iniziative interessanti, come CopenPay, che premia i turisti che si muovono in modo sostenibile, o Smart Catalunya Card, che promuove la mobilità pubblica.
- In Croazia, piattaforme digitali sono usate per gestire l’affitto breve, riducendo l’impatto sugli alloggi urbani.
Tuttavia, i numeri vanno letti con cautela. Molti impegni sono “in corso”. Gli indicatori di cambiamento strutturale — come la riduzione delle emissioni turistiche, o l’uso dei dati per la gestione delle destinazioni — sono ancora limitati.
Le criticità: cosa non sta ancora funzionando?
Se da un lato si riconoscono progressi tangibili in alcune aree e regioni, dall’altro emergono debolezze sistemiche che minacciano di frenare — o peggio, disarticolare — l’intero impianto della transizione turistica europea.
Uno dei nodi più evidenti riguarda la profonda disomogeneità tra gli Stati membri e, più nello specifico, tra i diversi territori all’interno degli stessi paesi. Alcuni hanno dimostrato una capacità quasi naturale di recepire i principi del Pathway: basti pensare alle regioni del Nord Europa, dove l’adozione di pratiche sostenibili e digitali è stata facilitata da un contesto già favorevole in termini di cultura amministrativa, infrastrutture tecnologiche e capacità progettuale. Al contrario, molte aree del Sud Europa, così come quelle rurali o insulari, hanno incontrato difficoltà più strutturali. Qui, le carenze non riguardano solo la disponibilità di risorse economiche, ma anche la presenza di competenze adeguate, la capacità di coordinamento locale e l’accesso effettivo ai fondi europei. In sostanza, si tratta di territori che rischiano di restare spettatori di una transizione progettata altrove.
A complicare il quadro interviene la questione, cruciale, del monitoraggio. Gran parte delle azioni intraprese nell’ambito del Pathway sono state accompagnate da autodichiarazioni di progresso, senza un sistema indipendente di verifica dei risultati. Non esiste ancora una metodologia univoca per misurare quanto una destinazione sia diventata più sostenibile o digitalizzata. La stessa Commissione, pur riconoscendo l’utilità delle piattaforme come il Tourism Dashboard o il Data Space europeo, ammette che l’attuale sistema si basa su dati spesso incompleti, non aggiornati o non comparabili. Senza una metrica condivisa, resta difficile distinguere tra le esperienze realmente trasformative e quelle che si limitano a una comunicazione virtuosa.
Un altro elemento di fragilità è rappresentato dalla condizione in cui versano le piccole e medie imprese del settore turistico. Queste realtà — che costituiscono oltre il 90% del tessuto imprenditoriale — si trovano spesso nell’impossibilità concreta di sostenere il cambiamento richiesto. I costi legati alla digitalizzazione, alla certificazione ambientale o alla formazione continua sono difficili da assorbire per aziende con margini ridotti e personale limitato. L’accesso ai finanziamenti europei, poi, è ostacolato da procedure complesse e da una mancanza di strutture intermedie in grado di accompagnare le imprese nel percorso.
A monte di tutto questo c’è una questione culturale di fondo: la scarsa familiarità con l’uso del dato. In molti contesti, la raccolta sistematica di informazioni sui flussi turistici, sui profili dei visitatori, sull’impatto ambientale delle attività ricettive è ancora un’eccezione, non la regola. Anche laddove esistono strumenti tecnologici avanzati, manca la capacità di interpretarli e di tradurre i dati in decisioni operative. In questo senso, il Tourism Data Space rappresenta un’infrastruttura promettente, ma senza un investimento parallelo in formazione e alfabetizzazione digitale rischia di rimanere una scatola vuota, accessibile solo a pochi soggetti esperti.
Quello che emerge, dunque, è un quadro a doppia velocità. Alcune destinazioni, ben organizzate e interconnesse, riescono a trarre vantaggio dal nuovo paradigma proposto dalla Commissione. Altre, invece, faticano a seguire il ritmo e rischiano di essere escluse da un modello che promette inclusione ma richiede, in pratica, un alto grado di preparazione e adattabilità.
Se la transizione vuole essere davvero equa e strutturale, dovrà abbandonare la logica della “spinta gentile” — basata su incentivi e buone pratiche — e dotarsi di strumenti più incisivi: formazione mirata, accompagnamento tecnico, monitoraggio indipendente e un maggiore coordinamento tra i livelli di governo. Altrimenti, il rischio è che la transizione si trasformi in una selezione naturale, in cui sopravvivono solo i più attrezzati, a scapito della coesione territoriale e sociale che dovrebbe essere uno dei suoi presupposti fondamentali.
Perché la transizione del turismo richiede un’altra grammatica
Il turismo si configura come un sistema vivo, profondamente radicato nei luoghi, nelle culture e nelle relazioni sociali. Ogni trasformazione nel settore incide sulle dinamiche quotidiane delle comunità, sul paesaggio, sull’identità dei territori, sulla percezione che le persone hanno del tempo e dello spazio. Questa complessità rende il turismo un ambito strategico per la costruzione di una nuova economia europea.
La transizione ambientale e digitale, all’interno di questo settore, agisce contemporaneamente su infrastrutture materiali, pratiche organizzative e immaginari collettivi. Ogni scelta tecnologica si intreccia con modalità locali di accoglienza, narrazioni culturali, gesti quotidiani che modellano l’esperienza dei visitatori. Ogni investimento sulla sostenibilità produce effetti anche sull’equilibrio sociale di una destinazione, sulle opportunità per i giovani, sulle traiettorie di sviluppo delle aree interne.
Le politiche turistiche orientate alla transizione assumono un valore trasformativo quando dialogano con il ritmo dei territori, con le vocazioni espressive delle comunità, con i paesaggi che generano significato. In questo senso, la progettazione turistica diventa occasione per rileggere i confini tra economia e cultura, tra gestione e cura, tra offerta e relazione. Ogni destinazione può diventare un laboratorio. Il cambiamento prende forma attraverso alleanze tra soggetti diversi, percorsi di apprendimento condiviso, reti di collaborazione che valorizzano la conoscenza situata. La costruzione di strategie sostenibili si nutre di ascolto, osservazione, continuità, capacità di dare forma a visioni collettive e a strumenti coerenti con i contesti.
Il turismo genera valore quando favorisce la qualità dell’incontro tra chi arriva e chi abita. Ogni miglioramento dell’offerta, ogni innovazione digitale, ogni scelta ecologica acquista significato quando è il risultato di un’attenzione reale alle relazioni che attraversano un luogo. In questo quadro, la transizione rappresenta un’opportunità per riscrivere le condizioni del vivere insieme, per riconoscere la ricchezza della pluralità e per disegnare forme nuove di equilibrio tra presenza, stagionalità, radicamento e apertura.
Verso una nuova strategia: prospettive per il 2025
Nel corso del 2025 la Commissione europea presenterà una Strategia per il Turismo Sostenibile, pensata per rafforzare il quadro comune di riferimento e orientare in modo più efficace le politiche dei prossimi anni. Il processo di definizione della strategia si fonda sul coinvolgimento diretto di cittadini, operatori e amministrazioni attraverso una consultazione pubblica, che raccoglie priorità, criticità e proposte provenienti dai territori.
La partecipazione alimenta una visione collettiva, che cresce a partire dall’esperienza concreta. Le piattaforme esistenti, come Together for EU Tourism, continuano a offrire spazi di confronto e di disseminazione di pratiche significative. L’intreccio tra strategia e sperimentazione contribuisce alla costruzione di un approccio operativo, basato sulla cooperazione multilivello, sulla condivisione dei dati e sulla valorizzazione delle soluzioni che funzionano.
Il 2025 si configura come un momento di sintesi e di rilancio. Le esperienze maturate nel quadro del Transition Pathway confluiscono in una prospettiva più articolata, dotata di strumenti coordinati e applicabili nei diversi contesti. La strategia assume una funzione generativa: crea linguaggi comuni, stimola investimenti, riconosce percorsi emergenti, sostiene le capacità amministrative. Il turismo prende forma come ambito concreto di innovazione pubblica, radicato nei territori e connesso alle priorità europee di lungo periodo.
Foto di Rudy Kirchner: https://www.pexels.com/it-it/foto/geiser-831081/