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TogglePerché il controllo del passaporto rientra nel duty of care aziendale e come HR e travel manager possono prevenire rischi, blocchi e responsabilità prima della partenza
Quando si parla di duty of care nelle trasferte di lavoro, si pensa spesso a sicurezza, assicurazioni, coperture sanitarie o piani di emergenza. Molto più raramente il discorso parte da ciò che, invece, è il primo vero lasciapassare per la trasferta: il passaporto. Eppure, un documento non valido, in scadenza o non conforme alle regole del Paese di destinazione può bloccare un viaggio ancora prima di iniziare, con conseguenze operative, economiche e anche legali. Per le aziende che inviano dipendenti all’estero, il controllo dei documenti non è un dettaglio amministrativo, ma una componente a pieno titolo della responsabilità datoriale verso il lavoratore. Ecco allora cosa deve controllare il datore di lavoro, che sia nei panni del travel manager o del HR, rispetto al passaporto e duty of care.
Passaporto e duty of care come strumento di sicurezza del viaggiatore
Dal punto di vista normativo, il duty of care impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure ragionevoli per tutelare la salute e la sicurezza dei propri dipendenti anche durante le trasferte. Questo principio, che affonda le sue radici nel diritto del lavoro e nella normativa sulla sicurezza, non si esaurisce nella scelta dell’hotel o del mezzo di trasporto. Un viaggio che parte con un passaporto scaduto, danneggiato o non idoneo rispetto alla destinazione espone il lavoratore a stress, respingimenti alla frontiera e situazioni di vulnerabilità che l’azienda avrebbe potuto prevenire. In questo senso, il controllo documentale non è un atto di sfiducia verso il dipendente, ma una forma di tutela reciproca. Sempre più spesso, in caso di contenziosi o verifiche, viene chiesto se l’azienda abbia messo in atto procedure preventive adeguate, e il passaporto rientra pienamente tra queste verifiche di base.
Nel business travel il passaporto non è solo un documento di identità, ma uno strumento di sicurezza. La sua validità residua, il numero di pagine disponibili, la presenza di eventuali visti e persino il suo stato fisico possono fare la differenza tra un ingresso regolare nel Paese e un fermo in aeroporto. Molti Paesi extra UE richiedono una validità residua di almeno sei mesi, altri impongono controlli stringenti su passaporti danneggiati o con dati poco leggibili. Dal punto di vista della sicurezza del viaggiatore, arrivare in una destinazione dopo essere stati respinti o trattenuti per problemi documentali significa esporsi a rischi inutili, soprattutto in contesti geopolitici complessi. Per questo motivo, le aziende più strutturate considerano oggi il passaporto come parte integrante del travel risk, al pari delle informazioni sanitarie o delle coperture assicurative.
Il collegamento con ISO 31030 e il Travel Risk Management
La norma ISO 31030 sul Travel Risk Management ha contribuito a chiarire che la gestione del rischio in trasferta non riguarda solo gli eventi eccezionali, ma anche gli aspetti apparentemente ordinari del viaggio. La documentazione di viaggio rientra a pieno titolo nella fase di preparazione del trip, quella in cui l’organizzazione deve valutare se il lavoratore è nelle condizioni di partire in sicurezza. Un passaporto non conforme è un rischio prevedibile e prevenibile, e come tale dovrebbe essere intercettato prima della partenza. ISO 31030 spinge le aziende a strutturare processi chiari, tracciabili e coerenti, in cui le responsabilità siano definite e non lasciate al caso. In questo quadro, il controllo dei documenti diventa un tassello fondamentale di una strategia di gestione del rischio più ampia, che tutela sia il dipendente sia l’azienda stessa.
Procedure consigliate per le aziende: prevenire è meglio che gestire l’emergenza
Dal punto di vista operativo, integrare il controllo del passaporto nelle procedure di viaggio non significa complicare i processi, ma renderli più robusti. Molte aziende stanno introducendo sistemi di monitoraggio delle scadenze documentali, avvisi automatici o semplici checklist pre-trasferta condivise tra HR, travel manager e dipendente. L’obiettivo non è quello di sostituirsi alla responsabilità individuale, ma di affiancarla, creando una rete di sicurezza che riduca il margine di errore. Quando il controllo avviene per tempo, si evitano richieste urgenti di rinnovo, costi extra, cancellazioni e situazioni di tensione che finiscono per ricadere su tutti gli attori coinvolti. In un contesto in cui la mobilità internazionale è sempre più regolata e digitalizzata, avere procedure chiare sul tema dei documenti non è solo una buona pratica, ma una dimostrazione concreta di attenzione verso le persone.
Parlare di passaporto e duty of care significa anche lavorare sulla cultura aziendale. Quando l’azienda dimostra di prendersi cura dei dettagli che incidono sulla sicurezza e sulla serenità della trasferta, manda un messaggio forte ai propri dipendenti: il viaggio di lavoro non è solo una prestazione, ma un’esperienza che deve svolgersi in condizioni di tutela e rispetto. Il controllo documentale, se inserito in un dialogo trasparente e collaborativo, rafforza il rapporto di fiducia tra azienda e lavoratore. E in un’epoca in cui il benessere delle persone è sempre più centrale nelle strategie HR, anche il passaporto diventa parte di un approccio responsabile e maturo al business travel.
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Photo credit: Tima Miroshnichenko










