Tassa di soggiorno e viaggi aziendali: cosa cambia per le aziende

tassa di soggiorno

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Che cos’è la tassa di soggiorno?

Per una trasferta di lavoro devi considerare una serie di costi aggiuntivi che, se sottovalutati, possono incidere in modo significativo sul bilancio aziendale. Tra questi c’è senza dubbio la tassa di soggiorno: una voce sempre più rilevante, soprattutto per le imprese che gestiscono numerosi spostamenti ogni anno.

Si tratta di un’imposta introdotta per finanziare i servizi turistici e migliorare l’offerta delle città che la applicano, e viene riscossa direttamente dalle strutture ricettive. Per i viaggi d’affari, però, l’imposta di soggiorno non è un semplice dettaglio: incide sulla gestione delle note spese, sulla rendicontazione fiscale e, più in generale, sull’ottimizzazione dei budget dedicati al business travel

Come funziona la tassa di soggiorno in Italia?

In Italia la tassa di soggiorno non è uniforme: ogni Comune decide autonomamente l’importo e le modalità di applicazione. Questo significa che un dipendente in trasferta a Roma, Milano o Firenze può trovarsi davanti a tasse soggiorno molto diversi per lo stesso numero di notti e la stessa categoria alberghiera. In linea generale, l’imposta varia da uno a sette euro a notte e cresce proporzionalmente alla categoria della struttura. Così, ad esempio, un soggiorno di tre notti in un hotel a quattro stelle a Roma può comportare una spesa extra di ventiquattro euro a persona, mentre a Milano la cifra scende intorno ai diciotto euro per la stessa tipologia di sistemazione. In città più piccole o meno turistiche, invece, l’importo è decisamente più contenuto.

Per un’azienda che gestisce trasferte frequenti verso grandi centri urbani, l’impatto sul bilancio diventa evidente. Facciamo un semplice esempio. Pensiamo a un’impresa che organizza cento trasferte all’anno, ciascuna di tre notti, nella sola città di Milano: la spesa complessiva per la tassa di soggiorno può facilmente superare i cinquemila euro annui.

L’impatto sui budget aziendali

Le tasse di soggiorno in Italia rappresentano un costo obbligatorio, che va inevitabilmente a pesare sui bilanci. Inoltre la tassa di soggiorno non è sempre deducibile né soggetta a IVA detraibile, e questo la distingue da altre spese di viaggio come il pernottamento o i pasti

Per i dipendenti in viaggio, la tassa di soggiorno si traduce in un costo da anticipare al momento del check-out, che deve poi essere inserito nella nota spese per ottenere il rimborso. La gestione può diventare complessa, soprattutto quando la ricevuta relativa all’imposta non viene rilasciata separatamente e la rendicontazione rischia di diventare meno trasparente.

Di conseguenza, la tassa soggiorno è un importo apparentemente marginale, sottovalutato, ma che invece influisca realmente sulle politiche di spesa aziendali e sulla pianificazione delle trasferte. Questo aspetto, se trascurato, può generare discrepanze nelle note spese e portare a superare i budget stabiliti. Le aziende che gestiscono un alto volume di trasferte non possono più permettersi di ignorare l’impatto della tassa di soggiorno. È fondamentale adottare un approccio più strutturato, che parta dalla centralizzazione delle prenotazioni e arrivi alla definizione di policy aziendali più trasparenti. La collaborazione con piattaforme di business travel o agenzie specializzate può aiutare a ottenere tariffe più vantaggiose, gestire automaticamente le voci di costo e verificare con precisione le eventuali esenzioni previste dalle diverse località.

Quando non si paga la tassa di soggiorno?

Un altro aspetto che le aziende non possono trascurare riguarda le possibili esenzioni. Alcuni Comuni, infatti, prevedono condizioni particolari che permettono di non versare l’imposta. È il caso, ad esempio, dei soggiorni per motivi di lavoro, delle partecipazioni a fiere o eventi aziendali o delle permanenze prolungate oltre un certo numero di notti. In altre situazioni, l’esenzione può riguardare categorie specifiche, come autisti, accompagnatori o guide turistiche.

Il problema, però, è che ogni città stabilisce regole proprieQuesto costringe i travel manager a verificare caso per caso, evitando di pagare importi che, in realtà, potrebbero non essere dovuti. Una gestione poco attenta, infatti, rischia di tradursi in spese superflue che, sommate su larga scala, possono incidere in modo considerevole.

Photo credit: Andrew Neel

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