L’ Uvet Travel Index dimostra che il business travel è qualcosa di più di un semplice viaggio d’affari.

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Anche quest’anno eravamo nelle prime file dell’evento dedicato alla community del Business Travel: il BizTravel Forum 2018.
Una manifestazione preparata con grande cura e meticolosa attenzione da parte di tutti gli organizzatori, dalla direzione Uvet e dal lavoro sapiente del Marketing.

Due giorni intensi, dove si sono alternate voci di grandi esperti della mobilità italiana, echeggiate su tutti i canali di comunicazione del settore e non, e con il supporto costante degli sponsor e partner che, insieme, hanno fatto diventare questa manifestazione il punto di riferimento per il turismo e per l’economia che gira attorno al turismo.

Noi di Travel for business, media partner dell’iniziativa, abbiamo raccontato, nei vari post e sui nostri canali social, alcuni momenti salienti delle diverse tavole rotonde e seminari che si sono svolti lo scorso 28 e 29 novembre (vedi la sezione Informazione di Settore).

Ma oggi, non voglio darvi solo una notizia, ma un contenuto che ben si allinea alla filosofia di Travel for business. Mi riferisco al momento di apertura del Forum con lo straordinario intervento di The European House Ambrosetti che ci racconta della stretta correlazione tra Viaggi d’affari ed Economia Paese.

La dimostrazione che il business travel è qualcosa di molto più di un semplice viaggio d’affari. E che realizzare bene gli affari in viaggio è la via per raggiungere meglio il successo d’impresa.

Uvet Travel Index 2018, scopriamo insieme come l’indicatore prevede il PIL italiano

Sono ormai sette anni che Ambrosetti elabora l’Uvet Travel Index, l’indicatore che correla l’andamento dei viaggi d’affari con la relativa attività economica aggregata, riuscendo così a prevedere l’andamento futuro del PIL.  “Un’iniziativa nata quasi in modo carbonaro”, ha commentato sul palco del BizTravel Forum Valerio De Molli – Managing Partner e Amministratore Delegato, The European House Ambrosetti, organizzazione che sviluppa più di 100 studi strategici all’anno con più di 2000 esperti, supportando le imprese italiane nel loro percorso di crescita.

Si tratta di un indicatore che rappresenta un modello statistico econometrico predittivo, che stima l’andamento delle dinamiche economiche del nostro paese, a partire dai big data di patrimonio del gruppo Uvet. Un modello che si arricchisce naturalmente anno dopo anno e diventa sempre più affidabile e accurato, tipico di quegli indicatori che sfruttano la potenza di calcolo sottostante. I dati di input che partono dal sourcing data base di Uvet, attraverso un modello statistico molto complesso, permettono di correlare i viaggi d’affari come principali indicatori economici destagionalizzando i dati e deflazionandoli, cioè rendendoli comparabili over time per determinare le previsioni del PIL.

Uvet Travel Index: un livello di precisione pari al 94%

Già negli anni scorsi questo indicatore ha permesso di anticipare il PIL e gli andamenti economici con un livello di precisione pari al 94%. Nel recente passato sono solo alcuni i momenti in cui questo indicatore si è discostato dal consuntivo del PIL, ed a causa di fattori non prevedibili come la crisi dei mutui subprime ed il conseguente fallimento di Leman Brothers, o la crisi del debito sovrano nel 2011 e la depressione conseguente, anche se il L’Uvet Travel Index è riuscita sempre ad anticipare già tre mesi prima e correttamente i dati consuntivi del PIL, anche rispetto a quelli elaborati dall’ISTAT.

La fotografia mostrata è di un più 1,2% di crescita di PIL, ma rispetto alle stime di inizio anno ci sono elementi di forte preoccupazione. La crescita italiana percentuale complessiva si attesta al doppio della media degli ultimi anni (pari al +0,5% negli ultimi 20 anni). “Ma questo risultato non ci consente di essere sufficientemente competitivi per chiudere il gap con gli altri Paesi. Il nostro “raddoppio” è quindi più lento e diventa molto importante per il sistema Paese agire subito e velocemente rispetto ad una serie di “zavorre” alla crescita”. I dati previsionali sul 2019  illustrati posizionano nuovamente al doppio della media degli ultimi anni, ma ancora l’Italia è il vagone più lento d’Europa, sebbene il contesto macroeconomico, secondo i dati espressi da De Molli siano più che favorevoli. “Siamo oggi nel terzo ciclo di crescita mondiale positiva più lungo degli ultimi 60 anni, pari a 25 trimestri consecutivi. Ma se paragonati ai 37 trimestri consecutivi di crescita degli Stati Uniti, o a quelli di altri Paesi, ci troviamo con il vento a favore di una fase espansiva mondiale, ma che non riusciamo a sfruttare appieno”. E con alcuni ambiti di preoccupazione, come ad esempio: la trade war, meglio definita come Trump Economics, che può avere forti ripercussioni per un paese come l’Italia con la sua grande propensione all’esportazione; il tema europeo, con la Brexit e con le prossime elezioni ed il conseguente rischio di instabilità; le problematiche in Iran e nel Middle East, con un clima ancora incerto: e, a livello più italiano, il tema dei migranti.

PIL Italiano: cosa prevede Travel Uvet Index

“Prevediamo una crescita per il 2019 dell’ 1,1%, a metà strada della forchetta di previsione compresa tra lo 0,9% ed il 1,2%, comunque molto lontane rispetto alle stime del Governo che si attestano al 1,5%

Stime che partono da alcuni fattori principali di incertezza:

Il primo è l’instabilità politica italiana, che determina l’aumento dello spread e che significa per tutti un danno rilevante. “Dalle ultime elezioni abbiamo bruciato nel nostro Paese 300 miliardi di Euro tra capitalizzazione di borsa precipitata e valutazione degli stock dei bond sul mercato. Circa 1,6 trilioni di Euro pari al 20% del PIL, è stato bruciato a causa di questa incertezza”. Che si traduce in costo per le imprese fino a 3 miliardi di Euro all’anno ci dice De Molli . La correlazione tra lo spread ed il valore di capitalizzazione del sistema bancario è il cuore del funzionamento di ogni sistema economico.

La solidità delle banche è poi il secondo rischio di fragilità del Paese. Le banche italiane, rispetto a quelle degli altri Paesi, hanno perso il 30% dalla data del “contratto di governo -17 maggio 2018”. Le banche italiane, comprese le due più grandi, sono di fatto acquisibili da JPMorgan con il 25% del suo valore…” E questo è il vero indicatore di fragilità: quindi uno spread che sale indebolisce il nostro sistema economico, rende fragile il meccanismo di finanziamento per gli imprenditori e conseguentemente crea un danno che si moltiplica come un volano negativo”.

Il terzo è il rischio della procedura di infrazione che l’Europa ha minacciato all’Italia a causa del troppo elevato rapporto deficit-Pil incluso nella manovra finanziaria, e che segue la mancata crescita economica del paese e la bassa produttività.

Un ultimo aspetto analizzato da Ambrosetti è il sentiment delle imprese, misurato attraverso le analisi trimestrali dell’Ambrosetti Club Indicator, che indica per questo autunno il calo negativo più significativo da quando è nato l’indicatore.

Quali sono le sfide per le imprese italiane?

De Molli ha parlato di “Energie del sistema” intendendo le energie digitali, la capacità di innovare, le energie dei talenti, delle dimensioni e manageriali.

Queste energie sistemiche hanno per l’Italia pesato moltissimo nel dato di ultimo ventennio di mancata crescita. Queste sono le priorità che devono accelerare il sistema paese”.

Per le energie digitali vediamo un forte divario sul digitale e sull’ innovazione che è siderale rispetto alla media europea: “per l’indice index intensity sembra siamo migliori solo a Bulgaria e Romania”. Un dato estremamente grave se prendiamo come riferimento il fatto che parliamo di rete internet, utilizzo di internet, siti internet delle aziende, campagne digitali; anche per i pagamenti siamo agli ultimi posti nei programmi di digitalizzazione.

Riferendosi alle energie dei talenti scopriamo dall’illustrazione fatta da De Molli che siamo al record storico di occupati, ma che i giovani fanno sempre più fatica ad essere occupati. E inoltre siamo i peggiori in Europa per l’occupazione femminile. Troppi pochi laureati in discipline tecniche e tecnologiche.

Energia delle dimensioni, ma anche qui l’Italia è poco Bigger e poco Faster… “Abbiamo 400 mila imprese manifatturiere (il doppio della Germania e Francia)e questo è un divario molto significativo che ci penalizza molto perché più sei piccolo e meno sei in grado di generare quelle performance che ti possono sostenere e far generare un valore che ti fa crescere. Non è un caso se quelle energie di sistema multifattoriali sono per le piccole imprese una grave zavorra per il percorso virtuoso di crescita”.

Energie manageriali, e qualità di sistema di Governo. Intanto la relazione di qualità di sistema di governo e qualità performance messa a fuoco da questi dati fanno capire che ad alta qualità di sistema di governo corrisponde elevata capacità di fare performance e valore. La ricchezza familiare delle aziende italiane è un asset non messa in discussione, se ci sono realtà ben gestite. Ma il management italiano è poco performance e anche molto “vecchio” con una media di manager over 60 che sono cresciuti del 16% e manager under 60 che sono decresciuti di 270 mila unità con un meno 15%.

In linea con il tema del BizTravel Forum, De Molli conclude che bisogna sicuramente essere Faster ma anche Bigger.

Previsione dei viaggi d’affari e la visione di UVET

Crescono in media dell’7% i viaggi d’affari delle aziende italiane. Un elemento significativo non tanto per i costi, ma per il numero dei viaggi che le aziende italiane hanno ricominciato a fare per essere più performanti: le società hanno visto per questa voce un aumento medio della spesa dell’8%, un +19% nel triennio 2016-2018.

Sinonimo del fatto che più si viaggia per business più si hanno opportunità di realizzare business: ma anche un sintomo di una ripresa dell’economia e chiave di indirizzo strategico di Paese.

A fronte di questa costante crescita dei viaggi d’affari, corrisponde un costo medio per trasferta flat per il triennio 2016-18, (215 euro spesi mediamente nel 2016, rispetto i 213 euro spesi nel 2018). La metà delle spese di viaggio arriva dal settore aereo (il 52,4%), mentre le spese per i pernottamenti alberghieri la coprono per un terzo (32,8%).

Per Uvet grandi opportunità ma anche grande impegno in innovazione: “l’Innovazione di Uvet è stata quella di creare una grande filiera turistica integrata. Da nutrire e far crescere, da voler bene e conquistare con prodotti e servizi eccellenti.” Ha affermato Luca Patanè, Presidente di Uvet durante il Forum, confermando un focus molto chiaro per il Gruppo, che non intende arrestarsi poiché è sicura che il settore del Turismo in Italia possa riservare ancora molte sorprese positive e offrire ottime chance di crescita e di maggiore sistema.

Per il gruppo Uvet «il 2018 è stato un anno record» con un giro d’affari superiore ai 3 miliardi di euro e un Ebitda atteso a 28 milioni (+25%). “Una crescita notevole ma molto solida”, ha commentato in occasione del BizTravel Forum Patanè.

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