Il business travel nel 2025 è stato spesso raccontato come un sistema che ha ritrovato un equilibrio: meno sprechi, più controllo, processi più maturi dopo gli scossoni degli anni precedenti. Ma è davvero così? E quanti dei temi ricorrenti che hanno accompagnato questi dodici mesi trovano una reale applicazione all’interno delle aziende?
La sensazione è quella di trovarsi di fronte a una narrazione in parte fondata, ma non esaustiva.
Guardando alla gestione concreta di business travel e mobility nel corso del 2025, affiorano alcuni segnali che raramente entrano nel racconto del mercato perché richiedono un’analisi più attenta e meno semplificata delle dinamiche organizzative.
Ecco, quindi, le quindici verità scomode che il 2025 ha messo in evidenza sul business travel. Da guardare in faccia per leggere con maggiore lucidità l’evoluzione del mercato. Tra nuove responsabilità, nuove logiche e nuovi equilibri.
Sommario
Toggle1. Il business travel è tornato, ma non si distribuisce più come prima
Nel 2025 i dati confermano una crescita del business travel in termini di volumi e di spesa. Parlare di ripresa è corretto. Quello che è cambiato, però, è come questa crescita si distribuisce all’interno delle organizzazioni. Il viaggio d’affari non è più un’attività diffusa e “naturale” per molte funzioni, ma una scelta sempre più selettiva. A viaggiare sono soprattutto i ruoli direttamente coinvolti nei processi decisionali, commerciali e relazionali ad alto impatto. Al contrario, trasferte legate al coordinamento interno, alla formazione o al presidio operativo vengono più facilmente assorbite dal digitale o ridimensionate.
2. Parliamo di valore, ma continuiamo a non saperlo misurare
Tutti dichiarano che il viaggio deve “creare valore”. Poi, quando si chiede come questo valore venga misurato, cala il silenzio. Nel 2025 il ROI del business travel è rimasto più una dichiarazione di intenti che una metrica operativa. Sappiamo tagliare i costi, molto meno valutare l’impatto delle trasferte. Finché sarà così, molte decisioni continueranno a essere difensive più che strategiche.
3. Il viaggiatore non è più entusiasta: è più stanco
Dalle conversazioni informali con la community di Travel for business emerge un dato che raramente viene messo per iscritto: chi viaggia oggi è più sotto pressione. Trasferte più impegnative, agende più dense, meno margine di recupero. L’efficienza è aumentata, spesso a scapito dell’energia delle persone. Il business travel nel 2025 ha mostrato chiaramente che ottimizzare tutto non significa automaticamente lavorare meglio.
4. Business travel nel 2025: la sostenibilità non è più soltanto un’etichetta
I temi ESG non sono più un elemento “nice to have”. In molte giurisdizioni europee e internazionali stanno diventando requisiti di compliance che impattano sulle policy di mobilità, sulla scelta dei fornitori e sulla rendicontazione delle performance. Nel 2025 molte aziende hanno dovuto riorientare i programmi di travel non sulla base di valori dichiarati, ma anche di regole interne e requisiti di rendicontazione. La sostenibilità è stata quindi portata dal piano narrativo a quello operativo.
5. La tecnologia c’è, ma resta frammentata
Le piattaforme sono aumentate, i dati anche. Eppure, la sensazione diffusa è che tutto resti scollegato. Travel, fleet, HR ed ESG continuano a dialogare con difficoltà. Il business travel nel 2025 non ha evidenziato una mancanza di tecnologia, ma di integrazione. E senza una visione unitaria, anche i sistemi più evoluti producono solo intelligenza parziale.
6. La mobility “innovativa” non sempre conviene
Un’altra verità emersa con chiarezza: non tutte le soluzioni innovative funzionano per tutte le aziende. Trasporto pubblico, car sharing, micromobilità, elettrico spinto sono opzioni valide, ma nel 2025 molte organizzazioni hanno scoperto che la complessità gestionale può superare i benefici. Non è un fallimento dell’innovazione, ma un problema di adattamento al contesto reale.
7. La governance conta più delle soluzioni
Nel 2025 ha funzionato meglio chi aveva una governance chiara, non chi disponeva di più tool. Dove le decisioni erano frammentate tra travel, fleet, procurement e HR, la mobilità è rimasta inefficiente. Invece, dove qualcuno ha messo ordine, anche con soluzioni semplici, i risultati sono arrivati. È una lezione poco glamour, ma decisiva.
8. Stiamo chiedendo alla mobilità di compensare problemi organizzativi
Spesso business travel e mobility vengono usati come correttivo per problemi che non sono di mobilità: disorganizzazione, cattiva pianificazione, ruoli poco chiari, processi decisionali lenti. Nel 2025 è emerso chiaramente che muoversi di più non compensa un’organizzazione che funziona male.
9. L’intelligenza artificiale non è un orpello: è diventata operativa. Ed è già una sfida organizzativa
Nel 2025 non si è parlato di AI come di una promessa, ma di una tecnologia integrata nei processi quotidiani. Gli algoritmi di machine learning e gli assistenti intelligenti stanno trasformando la pianificazione, la gestione delle prenotazioni, l’ottimizzazione degli itinerari e il monitoraggio dei rischi, proponendo modelli capaci di analizzare dati complessi per prevedere costi, tempi e perfino bisogni individuali dei viaggiatori. L’AI riduce il lavoro manuale, ma richiede anche un ripensamento profondo dei flussi operativi. Non basta aggiungere strumenti, bisogna riprogettare il modo in cui si lavora con essi.
10. La tecnologia spinge efficienza, ma mette in evidenza le diseguaglianze di competenze
L’adozione dell’AI nei processi di travel & mobility ha dato origine a un nuovo divario: non tra chi usa la tecnologia e chi no, ma tra chi sa integrarla nelle decisioni strategiche e chi la usa solo come tool operativo. La generazione di insight richiede competenze analitiche, alfabetizzazione digitale e visione organizzativa. Senza questo salto culturale, molte aziende rischiano di automatizzare inefficienze anziché eliminarle.
11. Il ruolo del travel manager si sta davvero trasformando: da esecutore a stratega
Nel 2025 il travel manager non si occupa più soltanto di organizzare trasferte e negoziare tariffe. La sua figura si sta incentrando sulla governance, con responsabilità in tema di policy, dati, performance economiche e compliance. Le retribuzioni stanno crescendo in molte aree, a testimonianza di questo aumento di responsabilità, ma permangono significative divergenze regionali e interne alle organizzazioni. L’evoluzione della funzione non è uniforme: laddove quest’ultima è già riconosciuta come strategica, il travel manager gestisce le trasferte attraverso dati e scenari; dove è ancora considerata un “costo operativo”, invece, le mansioni rimangono impanate nella semplice gestione delle transazioni.
12. L’esperienza umana è un fattore di rischio… e di opportunità
Il business travel nel 2025 non si occupa solo di viaggi, ma di persone che viaggiano. I trasfertisti sono più stanchi, più esigenti e più attenti alla qualità del tempo che trascorrono in movimento. Il fenomeno del bleisure, per esempio, riflette un desiderio profondo di bilanciare professionalità e benessere, ma può anche nascondere uno stress accumulato che non riusciamo più a gestire rimanendo nei confini del lavoro tradizionale.
13. Il 2025 ha portato al centro la diversità e l’inclusione nella mobilità
Non è più un tema marginale: la DE&I entra nel travel planning con implicazioni operative e culturali. Policy che non considerano bisogni diversi (per genere, abilità, background, identità) generano frizioni reali nei programmi di viaggio e di mobilità globale. La consapevolezza dell’importanza di includere prospettive diverse sta crescendo, ma si scontra con barriere organizzative, metriche non ancora evolute e strumenti che non sempre riflettono le differenze reali nelle esperienze dei viaggiatori.
14. La tecnologia può aumentare l’equità… o esacerbare le disuguaglianze
Se da un lato l’AI e le piattaforme digitali contribuiscono a personalizzare l’esperienza, a ridurre attriti e ad alleggerire carichi amministrativi, dall’altro, se non sono progettate per includere tutti, rischiano di amplificare le disuguaglianze. Basta guardare ai modelli linguistici e agli assistenti AI che, se basati su dati incompleti o non diversificati, forniscono raccomandazioni parziali o portano a decisioni non rappresentative delle reali – e diverse – esigenze. La tecnologia, insomma, non è neutra: rispecchia i dati e i modelli che la nutrono.
15. L’AI non sostituirà l’umano, ma sta ridefinendo ciò che conta davvero
Una delle verità più nette del 2025 è che l’AI accelera processi, ma non sostituirà mai la dimensione umana della mobilità professionale. Le capacità analitiche, il giudizio contestuale, la responsabilità etica, l’empatia, la gestione di imprevisti e relazioni sono qualità che rimangono insostituibili. Le tecnologie servono per liberare tempo da compiti ripetitivi, non per cancellare l’esperienza e l’intelligenza umana dalla decisione strategica.
L’essenziale che resta
L’anno che si sta chiudendo ha smosso più di quello che è riportato nei report ufficiali: ha messo a nudo gli squilibri tecnologici, le carenze di competenze, la centralità dell’esperienza umana e nuove domande etiche che non trovano risposte semplici. Se guardiamo veramente a ciò che ci ha colpito nel 2025, notiamo un settore che non sta solo aggiustando le rotte, ma sta riposizionando le domande fondamentali: : chi viaggia, perché, con quali strumenti e a quale costo umano. È da qui che passa il futuro del business travel.










