Come prepararsi alle riunioni internazionali

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Nei vari paesi del mondo si possono osservare pratiche nel condurre le riunioni molto diverse. Chi si trova per la prima volta in una riunione di lavoro in Russia, in Corea, in Australia o in Nigeria, fa bene a non aspettarsi che essa si svolgerà come a ‘casa propria’! Occorre essere preparati a dover gestire, oppure, a dover seguire altre abitudini, comportamenti e stili di comunicazione che spesso dipendono non dalle personalità ma dalle diversità della cultura di appartenenza dei partecipanti.

I comportamenti possono esprimere diversità molto profonde, fra cui:

  • un’altro concetto di tempo,
  • un’altro concetto di scopo dell’evento ‘riunione’,
  • e altri concetti di gerarchia, status e rispetto.

Vediamo alcuni esempi significativi.

Come vengono gestiti gli orari

Gestione del tempo meeting Travel for businessSe la riunione è stata chiamata per le 9:00, non è detto che inizi alle 9:00! In Italia siamo abituati ad un orario d’inizio relativamente flessibile, in molti contesti non ci si scandalizza troppo di 15 minuti di ritardo.

Nelle culture arabe il ritardo può tranquillamente essere superiore alla mezz’ora, mentre nei paesi nordici le persone diventano nervose se l’inizio slitta anche solo di 10 minuti.

In una ricerca, sulla domanda “a che ora si presenterebbe ad una riunione importante chiamata per le 9:00?” le risposte dei dipendenti di una multinazionale variavano in base alle nazionalità:

Americani: 8:55

Inglesi: 8:59

Norvegesi, Danesi, Finnici: 9:00

Francesi: 9:15

Dietro a questo si cela un altro concetto del tempo. Nelle culture Nord-europee il tempo è visto come una risorsa lineare e finita (“il tempo non va sprecato”) e si preferisce seguire orari precisi. Altre culture (es. Latine) hanno un concetto più elastico: gli orari sono indicazioni approssimative da gestire in modo flessibile. Culture asiatiche-buddiste vedono il tempo come qualcosa di ciclico che quindi torna sempre.

Come inizia la riunione

In molte parti del mondo le riunioni iniziano con una fase caratterizzata da scambi di convenevoli e conversazione sociale . Questa fase può anche avere una durata considerevole; in molte culture è ritenuta indispensabile per costruire una relazione di fiducia.

In paesi come gli Stati Uniti, Germania e Danimarca invece si preferisce limitare i convenevoli al minimo e passare subito al dunque. Tale differenza si basa su un’altro modo di concepire l’obiettivo di una riunione: nel primo caso orientato alla relazione e al processo di interazione, nel secondo al risultato e alla decisione.

Come viene strutturata la riunione

“Ci sono tanti punti in agenda, affrontiamoli uno alla volta per poi procedere al prossimo”.

Negli Stati Uniti si preferisce seguire punto per punto l’ordine del giorno, la riunione serve per prendere decisioni e passare all’azione e finisce solitamente con un riassunto delle decisioni e ‘action list’. Anche in Germania e nei Paesi Bassi si preferisce tenersi all’agenda prestabilita, se emergono contenuti nuovi, questi vengono rimandati ad un’altra riunione.
“Teniamo l’agenda il più aperta possibile, lasciamo che la discussione sia aperta e libera e vediamo quali questioni man mano emergono”

Molto diverso nei paesi latini. Ad esempio in Italia non necessariamente l’agenda viene seguita nell’ordine indicato: si passa più liberamente da un punto all’altro e si può tornare su punti già toccati.

Nel corso della discussione gli individui cercano di verificare quanto supporto avranno per i loro progetti. È possibile che la riunione finisca senza decisioni esplicite o conclusione formale ma semplicemente perché le persone poco a poco si alzano e vanno via.

Nei Paesi Bassi un finale simile sarebbe impensabile. In Giappone lo scopo di una riunione di lavoro è soprattutto quello di stabilire status, creare fiducia e assicurare l’armonia, per scoprire se esistano possibile fonti di disaccordo e costruire consenso sulle decisioni. Le vere decisioni in realtà vengono prese al di fuori delle riunioni.

Chi è abituato ad una agenda flessibile, nella riunione di lavoro molto strutturata dimostra capacità interculturale se riesce a ‘tenersi al ordine del giorno e a procedere con l’interazione lungo gli assi prefissati; chi invece parte da una impostazione più strutturata la dimostra se riesce a seguire in modo flessibile i cambiamenti di contenuti durante una riunione senza un’ordine del giorno rigido.

Chi può parlare e chi no

Quando parlare

Questo dipende dalle relazioni gerarchiche fra le persone presenti e da quanto tali gerarchie devono essere rispettate in una determinata cultura.
Nei paesi Anglosassoni è perfettamente accettabile che un tecnico, presente col proprio responsabile, prenda la parola ed esponga il suo punto di vista. In molti paesi asiatici, ad esempio Corea del Sud, l’Indonesia e il Giappone, questo è inammissibile.
I rapporti gerarchici sono molto sentiti e i subalterni non intervengono a meno che interpellati esplicitamente dal loro responsabile.

Modalità di conversare e discutere

riunione internazionale travel for business

Ci sono grandi diversità culturali nel modo in cui le persone realizzano le mosse “conversazionali” come affermare,  attaccare, prendere il turno, difendere se stessi o altro, fornire un’opinione, scusarsi ecc…

Una differenza molto importante riguarda la misura in cui le persone si esprimono in modo diretto (‘il significato è nelle parole’) o indiretto (‘il vero significato è fra le righe’) e ritengono più importante essere ‘diplomatici’ o di ‘parlare chiaro’. Persone abituate all’approccio diretto potrebbero leggere le mosse diplomatiche della controparte come evasive e a volte disoneste. Viceversa chi usa l’approccio diplomatico, può trovare le mosse dirette della controparte troppo brusche e a volte offensive perché possono far ‘perdere la faccia’.  In particolare, dire apertamente “non sono d’accordo” è considerato molto aggressivo in un gran numero di paesi, mentre in Francia, Russia e nei Paesi Bassi può significare l’inizio di una vera collaborazione.

Un’altra differenza sulla quale occorre riflettere è la misura in cui l’emozione viene espressa o nascosta. Cosa è preferibile: la riservatezza o il coinvolgimento emotivo? UK, Svezia, Paesi Bassi, Giappone, India sono paesi che tendono alla riservatezza; in Italia, Spagna, Grecia, USA, Arabia Saudita, Brasile si usa uno stile più emotivo. Nell’incontro fra posizioni opposte la riservatezza può erroneamente essere letta come mancanza di interesse, mentre un ‘eccessivo’ carico emotivo come un non-voler ammettere di aver sbagliato.

Un’altra differenza interessante riguarda il modo in cui si susseguono i turni durante la discussione. In alcuni paesi (esempio Finlandia) i turni non si sovrappongono:  è normale  lasciare qualche momento di silenzio fra un turno e un altro.  Nei paesi latini questi silenzi sono ‘scomodi’. In Italia capita frequentemente la sovrapposizione: qualcuno prende la parola quando il precedente sta ancora finendo. Chi non è ‘allenato a questo modo di discutere fa molto fatica a seguire il discorso, mentre, chi non è abituato ai silenzi fra i turni, dovrà trattenersi evitando di colmare ‘il buco’.

L’importanza della parola scritta

A fine riunione, quanto verrà formalizzato per iscritto? Alcune cultura pongono così tanto valore nella parola scritta, che ad esempio una decisione diventa ‘reale’ soltanto quando è stata scritta. Se non scritta, non esiste.

I Paesi Bassi sono un esempio di questo approccio. A fine riunione si riassume quali decisioni andranno messe a verbale e all’inizio della riunione successiva il verbale viene formalmente approvato. In posizione opposta sono culture dove la parola pronunciata è più importante: una cosa diventa reale soltanto quando è stata comunicata da qualcuno con cui si mantiene una relazione di fiducia o di gerarchia

Conclusioni

L’elenco delle diversità è molto più vasto di quanto abbiamo potuto discutere in questo spazio.

Se non gestite, possono avere un grande impatto sulla riuscita (o non) dei lavori in una trattativa o in un team internazionale.

È quindi consigliabile anticipare le possibili variabilità e indirizzarle in modo esplicito. Tuttavia non serve farsi sopraffare dalle difficoltà: in fondo le persone sono in grado modificare il proprio approccio tanto più percepiscono un clima di lavoro inclusiva.

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