Non viaggio e quindi non corro rischi? È davvero questa la soluzione?

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Esattamente un anno fa avevamo tante preoccupazioni, dubbi, o magari perplessità, ma sicuramente non ci eravamo mai trovati di fronte ai problemi che abbiamo attualmente durante il COVID.

I viaggi sono infatti tra le cose che nella percezione delle persone sta mutando maggiormente. Oggigiorno, il viaggiatore si porta dietro il suo bagaglio con un carico di preoccupazioni, ma soprattutto ansie. Con il tema delle malattie, dello stress, del tema reputazionale, dei rischi fiscali e normativi, e così come vengono raccolte e custodite le informazioni durante i viaggi, sta infatti diventando sempre più complicato poterne organizzare uno, soprattutto se di lavoro.

Credo che ogni azienda, lavoratore e famiglia in questo periodo si trovi spesso davanti alle stesse domande: È davvero sicuro viaggiare? È davvero necessario correre questo rischio?

Ormai, sempre più aziende, stanno continuando con la scelta di non fare viaggiare i suoi dipendenti, o al massimo solo attraverso l’utilizzo di mezzi personali, come appunto la loro macchina. Il problema è che molto spesso non basta solo la videochiamata per riuscire a fare un determinato lavoro, così come non sempre basta la macchina per arrivare in un determinato posto. Forse però la vera domanda che si dovrebbero porre sarebbe:

quanto abbiamo formato davvero i nostri stessi viaggiatori nella gestione di imprevisti durante i viaggi?

Cos’hanno fatto davvero le aziende fino ad ora? Durante la tavola rotonda business travel al Negotiorum Fucina 2020 che Travel for business ha moderato ho avuto modo di raccogliere diverse esperienze personali di buyer e travel manager. Un manager ci ha raccontato che nella sua azienda hanno bloccato completamente i viaggi, rimanendo semplicemente in attesa di vedere cosa succederà in futuro e quando effettivamente sarà sicuro viaggiare. La maggior parte delle aziende si aspettava che a settembre si riuscisse a risolvere tutto, attraverso soluzioni reali e messe in sicurezza maggiori, o magari anche solo attraverso la raccolta di più informazioni sicure sugli spostamenti.

Il problema è stato che ovviamente così non è successo. Anzi, arrivati a questo punto le aziende si sono ritrovate a non aver preparato una soluzione reale per poter viaggiare in sicurezza e, la situazione da sola non si sta risolvendo. Questo ha creato un blocco degli spostamenti e lasciato la maggior parte dei business in una situazione di stallo. D’altronde no viaggi, no business, cosa che per un’azienda non è sicuramente una bella situazione.

Possibile che non ci siano davvero delle soluzioni migliori?

Andando ad analizzare più nel dettaglio come mai le aziende hanno preso questa decisione, si scopre che in Italia non ci sono vere e proprie motivazioni per non permettere di viaggiare. Le vere problematiche nella mobilità attuale non risiedono infatti nel nostro territorio, ma bensì nell’incertezza di quello che si potrebbe trovare dall’altra parte del mondo, come negli Stati Uniti, India, Dubai, o America Latina. Le informazioni per permetterci di viaggiare in sicurezza ci sono, il problema è che proprio come lo stiamo vivendo in questo momento con la seconda ondata di COVID, ogni giorno in un paese diverso cambiano le normative per far fronte agli aumenti di contagi.

Come fa quindi un lavoratore ad avere la sicurezza di poter tornare a casa una volta che si ritrova dall’altra parte del mondo?

I vettori in questo momento stanno cercando di fornire queste informazioni al massimo delle loro capacità. Quando parti per prendere per esempio l’aereo, vieni informato su tutte le misure di sicurezza da mantenere per non rischiare un contagio e, ti fanno sapere cosa fare e cosa si potrebbe trovare una volta arrivati a destinazione del viaggio di lavoro. Anche così facendo, il problema fondamentale sussiste: l’incertezza che gira intorno ai viaggi rimane comunque un tema centrale per qualsiasi business. Queste incertezze girano intorno ai dubbi e alle possibilità di dover fare una quarantena, all’impossibilità di tornare come era stato stabilito, al rischio di infettarsi durante il viaggio e sulla mancanza di certezza sui tempi e modalità di ritorno. Anche perché il rischio o la possibilità di quarantena per un manager viaggiatore è un grosso problema, poiché non permetterebbe loro di fare il loro lavoro, diventando quindi improduttivi per l’impresa.

Ultimamente ogni azienda è alla ricerca di creare un protocollo di viaggio per avere maggiori sicurezze. L’azienda deve infatti essere tutelata anche a livello legale e di conseguenza anche il viaggiatore, soprattutto se viaggia in determinati posti per lavoro. D’altronde ci sono modi per poter stare più tranquilli; organizzando viaggi che non implicano scali, quindi effettuando solo voli diretti. Anche la scelta degli alberghi è importante e deve avere una certa serietà e approfondito controllo. Inoltre, l’incertezza sulle predisposizioni legislative che cambiano di giorno in giorno in ogni paese pone dubbi sull’organizzazione, per cui si deve cercare di fare delle previsioni. Come si può riuscire a fare delle previsioni? Spesso medici e legali delle varie imprese cercano di creare per ogni spostamento una sorta di protocollo, accompagnati magari anche da corsi di formazioni per ogni dipendente in base alle loro destinazioni. Il tutto è fatto proprio per andare ad evitare cambiamenti repentini e il rischio di rimanere bloccati, o peggio ancora infettati.

A questo punto sorge il dubbio: ma se questo protocollo di gestione dei rischi, che stiamo utilizzando adesso con il Covid-19, ci fosse stato anche prima dell’attuale pandemia? Saremmo nella stessa situazione in cui ci ritroviamo adesso?

Probabilmente no, se le aziende avessero già avuto dei protocolli sanitari prima del Covid, in questo momento sarebbe stato di grande aiuto per il viaggiatore o per chi deve gestire un viaggio, perché ci sarebbero stati dei procedimenti operativi già sviluppati. Una vera soluzione, attualmente necessaria, sarebbe una collaborazione a livello mondiale per prevedere determinati cambiamenti nei movimenti epidemiologici e legislativi di ogni stato. Così facendo, si riuscirebbe a raccogliere dati per ogni destinazione in modo da avere un protocollo più uniforme, ampio e sicuro. Ogni volta che un lavoratore effettua un viaggio raccoglie e visualizza informazioni. Come sulla conoscenza e prevenzione, sulla gestione di incidenti o su una determinata crisi, ma soprattutto si crea un bagaglio di esperienza.Esattamente come funziona il portale di Travel for business per la condivisione delle esperienze e dei suggerimenti per altri viaggiatori della sua community dove le persone possono scrivere e spiegare nel dettaglio le informazioni raccolte anche nella apposita sezione Travel Risk.

Così facendo potrebbero andare ad aiutare un lavoratore che invece, non essendo ancora partito, non possiede tutte quelle informazioni, poiché magari nella sua azienda ancora nessuno è andato in quella determinata destinazione.Quest’ultimo potrebbe permettere di andare a diminuire quell’incertezza che ci circonda ogni volta che dobbiamo intraprendere un viaggio in questo periodo.

Forse allora non viaggiare e non correre assolutamente nessun rischio non è la soluzione. Soprattutto in un’ottica a lungo termine, dove la necessità di avere una vera soluzione che permette anche di fare business è ormai necessaria e, forse, è arrivato il momento che anche tutte le aziende in giro per il mondo se ne rendano conto.

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