Nomadi digitali, sempre più persone scelgono di fare smart working all’estero

Condividi

Vengono chiamati “nomadi digitali”: sono tutti quei lavoratori, dipendenti, liberi professionisti o creativi a cui bastano una buona connessione a internet e un computer per svolgere le proprie attività. Niente uffici o cartellini da timbrare. Con la pandemia e l’aumento forzato dello smart working il fenomeno si è ampliato ulteriormente e sono migliaia ormai le persone in tutto il mondo che hanno scelto in autonomia dove stabilirsi per lavorare. Da fenomeno di nicchia riservato a pochi fortunati, il nomadismo digitale sta diventando nuovo paradigma culturale.

Visti speciali e agevolazioni fiscali per gli smart workers

Diversi stati in tutto il mondo hanno colto il potenziale di questo cambiamento e hanno deciso di cavalcare la tendenza promuovendo l’ingresso dei nomadi digitali, e dei loro redditi, all’interno dei propri confini attraverso regimi fiscali agevolati e appositi visti. I cittadini che possono lavorare da remoto sono stati a lungo intrappolati in un vuoto legislativo e fiscale sul tema. Da un lato, gli smart worker non possono richiedere un visto di lavoro tradizionale che solitamente richiede un contratto con un’impresa locale. Dall’altra, spesso si ha l’esigenza di rimanere nel paese più a lungo di quanto lo consenta il semplice visto turistico. 

Le agevolazioni e i permessi previsti dai paesi europei

In Europa per ottenere un visto da nomade digitale, è necessario che il richiedente dimostri di essere di fatto un lavoratore a distanza e di essere in grado di sostenersi finanziariamente per l’intera durata del soggiorno all’estero. Questo di solito può essere fatto fornendo documenti finanziari come estratti conto e ricevute. Tuttavia, l’idoneità dipende anche da altri fattori quali la nazionalità del richiedente, lo storico dei visti per i quali si è fatto domanda e se il richiedente è considerato una minaccia per la sicurezza o la salute del paese di destinazione.

L’Estonia, famosa per l’attenzione nei confronti dell’innovazione digitale, è stata la prima nazione a progettare un visto per i nomadi digitali. Chi ne fa richiesta può risiedere nel Paese per un anno e ha diritto a 90 giorni di spostamenti liberi nell’area Schengen. Uno dei requisiti fondamentali per ottenerlo è di dimostrare  di aver avuto un reddito da lavoro mensile di almeno 3500 euro nei sei mesi precedenti alla richiesta e fornire documenti, come la lista dei clienti, che comprovino il proprio status professionale.

In Grecia è stato introdotto un regime fiscale agevolato per chi trasferisce la propria residenza fiscale nel paese. Un dipendente che inizi un nuovo lavoro o un libero professionista  possono usufruire di un taglio delle tasse sul reddito di fonte greca del 50%. Ci sono anche qui requisiti da rispettare: non aver avuto una residenza fiscale in Grecia negli ultimi sei anni e provenire da un paese dell’Unione Europea o con cui la Grecia ha un accordo di cooperazione in tema fiscale.

In Croazia il permesso di soggiorno dedicato dura un anno e come incentivo la tassazione è sospesa per tutto il periodo di residenza a patto di non lavorare per imprese croate e di dimostrare di avere un reddito mensile superiore ai 2000 euro.

In Spagna è stata invece introdotta la formula della “residencia no lucrativa” che può essere richiesta dai cittadini extracomunitari che vogliono vivere e lavorare sul posto. In questo caso bisogna dimostrare di avere delle entrate di almeno 26 mila euro all’anno e di non svolgere un’attività lavorativa legata ad imprese spagnole. A Madeira, isola portoghese famosa per aver dato i natali al calciatore Cristiano Ronaldo, è stato approntato, a partire da febbraio del 2021, un vero e proprio villaggio per i nomadi digitali: il Digital Nomads Village Madeira. Il progetto, voluto dal governo regionale di Madeira in collaborazione con alcune imprese locali come hotel e autonoleggi, è pensato per ospitare fino a 100 persone: lavoratori che si impegnino a restare sull’isola almeno un mese e a supportare le attività locali. L’esperimento durerà per ora fino al 30 giugno.

Oltre l’Europa: quali sono le mete più interessanti

Una delle mete più gettonate per i nomadi digitali nel mondo è senza dubbio Dubai. Nella città degli Emirati Arabi immersa nel deserto, in cui non è prevista imposizione fiscale sui redditi delle persone fisiche, il visto appositamente creato permette di risiedere nel paese per un anno e di accedere a tutti i servizi pubblici, tra cui le linee telefoniche e le scuole. Una possibilità ideale anche per chi progetti di trasferirsi con la famiglia. L’unico requisito è quello del reddito, che deve essere di almeno 4.200 euro al mese. 

La Georgia ha invece lanciato il progetto “Remotely from Georgia”, una piattaforma pensata per freelance e imprenditori digitali che possono fare domanda per un visto speciale che consente di vivere e lavorare nel Paese per un periodo che va da minimo sei mesi ad un anno. Lo Stato punta ad attrarre i nomadi digitali grazie al basso costo della vita e all’assenza di restrizioni sanitarie per il Covid-19. L’unico requisito per presentare la domanda di ingresso è dimostrare di avere un reddito mensile di almeno 2000 dollari.

Non manca, infine, le possibilità di lavorare da remoto in località turistiche esotiche. Dai Caraibi al sud est asiatico, sono diversi gli Stati che attraggono, ancora prima dello scoppio della pandemia, i nomadi digitali da tutto il mondo grazie ai paesaggi mozzafiato e al costo della vita molto basso. Bali, isola tailandese famosa per l’ottima connessione internet e per le strutture di co-working all’avanguardia, è considerata una delle mete migliori per chi fa smart working. Il governo sta pensando di introdurre in futuro un “digital nomad visa”, nel frattempo è possibile il “Voa”: un visto con il quale è possibile rimanere a Bali per un totale di 60 giorni. Per chi vuole fermarsi più a lungo esiste la Sosial Budaya Visa che permette di rimanere nel Paese per 60 giorni e può essere rinnovata per 4 volte consecutive per 30 giorni aggiuntivi, per un totale di 180 giorni.

Le Barbados hanno introdotto il “Barbados welcome stamp”, un visto dal costo di 1.700 euro che permette di rimanere sull’isola per un anno. Per ottenerlo bisogna dimostrare di avere un reddito annuale minimo di 42 mila euro. Alle Bermuda invece è attivo il Work from Bermuda Certificate”, dal costo di circa 200 dollari, con il quale si può soggiornare nel paese per un anno.

Le Mauritius hanno puntato ad attrarre turisti, pensionati e professionisti che possono soggiornare per un anno, mantenendosi però con una fonte di reddito esterna al paese. Per i nomadi digitali è prevista, come ulteriore incentivo, la somministrazione gratuita del vaccino anti Covid.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts

Accedi alla community

Inizia anche tu a condividere idee, competenze e informazioni con gli altri professionisti del travel e della mobilità

Ultimi articoli

Consulenza

Ebook

Prossimi corsi