Isola di Pasqua, il mistero di Rapa Nui

Condividi

E’ nota per quelle enormi teste di pietra, testimonianza di una civiltà antica e perduta, ed è assolutamente unica: l’Isola di Pasqua. Una “grande roccia”, come racconta l’origine del suo nome indigeno Rapa Nui, in mezzo all’Oceano Pacifico, al largo, molto al largo, dalle coste del Cile. Basti pensare che occorrono 5 ore di volo da Santiago per raggiungerla. La sua origine vulcanica (si trova sulla cresta di una dorsale oceanica) la rende selvaggia e affascinante, diversissima dalle altre isole polinesiane. I suoi misteri sono davvero tanti, a partire dai grandi busti che si trovano sull’isola, i 638 moai.

Nonostante le ricerche condotte negli ultimi anni il loro scopo non è tuttora chiaro: secondo alcuni studi le statue rappresenterebbero capi tribù indigeni morti, mentre secondo la credenza popolare avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con l’aldilà.

Foto di Walkerssk da Pixabay

Inoltre l’Isola di Pasqua è l’unica nell’area del Sud Pacifico ad aver sviluppato nella propria storia una scrittura propria, chiamata Rongorongo, con simboli dai richiami esoterici, che non è stata ancora del tutto tradotta e compresa. Un altro culto davvero insolito è quello dell’uomo-uccello, il Tangata Manu, raccontato anche nel film Rapa Nui. Si narra che ogni primavera le tribù dell’isola scegliessero un guerriero che doveva partecipare al rito dell’uomo uccello. Il rituale prevedeva la partenza dal santuario di Orongo, il tuffo in mare dallo strapiombo del vulcano Rano Kao, la difficile traversata a nuoto – con il rischio di attacchi di squali – verso l’isolotto di Motu Nui, la raccolta del primo uovo lì deposto dalla Sterna fuscata e il suo trasferimento a terra con consegna al Gran Sacerdote.

Chi riusciva per primo a riportare un uovo indenne diveniva il nuovo uomo-uccello fino alla primavera successiva, dalla quale il rituale si ripeteva. Misterioso anche il simbolo dell’isola stessa, riportato anche sulla bandiera ufficiale. Si tratta del Rei Miro, un pettorale tipico della cultura tradizionale, che in passato veniva realizzato con il legno dell’albero di Toromiro, ed era decorato alle due estremità da due teste di animali scolpite.

Il Rei Miro può sia rappresentare un uccello che un’imbarcazione. Ali e scafi: i collegamenti con il resto del mondo? Meritano senz’altro una visita anche le numerose grotte, eredità delle eruzioni vulcaniche e usate per molti secoli dalla popolazione indigena come luoghi di culto. In molte di esse si possono ancora trovare dipinti rupestri e antiche sculture, che rappresentano sia l’uomo-uccello che il dio Makemake.

Questo articolo è stato offerto da Tuttaltromo(n)do

Sull'autore

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts

Accedi alla community

Inizia anche tu a condividere idee, competenze e informazioni con gli altri professionisti del travel e della mobilità

Ultimi articoli

Consulenza

Ebook

Prossimi corsi