Che cosa ho imparato dalla formazione fatta in questi giorni

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Ogni volta che svolgo l’attività di formatore, o una testimonianza durante un evento, cerco sempre di trovare il modo di ragionare insieme ai partecipanti e discenti a nuove idee e a nuovi approcci per il loro settore o business.

Quello che mi aiuta, e devo dire che mi piace moltissimo, è riuscire a costruire in aula un processo di fertilizzazione che fa raggiungere in modo naturale a certe soluzioni.

Il lavoro in aula accresce anche me. Le esperienze, i punti di vista, i casi raccolti e raccontati sono fonte di grande interesse per la mia attività, a testimonianza che un buon networking anche in aula diventa un vantaggio e valore per tutti e fa accrescere competenze non solo professionali ma anche personali.

Certo, l’attività di formatore non è una cosa semplice; la gestione dell’aula, dei partecipanti spesso non omogenei per esperienza, caratteristiche, carattere e così via, potrebbe essere un problema per chi non ha l’esperienza di saper gestire questa attività. A questo si aggiungono anche gli obiettivi dati dall’azienda rispetto alle aspettative dei discenti, che a volte non sempre coincidono.

Solo una buona preparazione tecnica, ma anche una preparazione del percorso che vai ad affrontare sono la chiave del successo, unita naturalmente alle capacità che un buon formatore deve avere di gestione dei partecipanti.

Per me, ad esempio, è fondamentale valutare non solo il livello di partecipazione in aula, ma il livello di apprendimento e l’efficacia che quanto è stato esposto sia stato condiviso e compreso. L’importanza dei feedback è rilevante, perché misurano tutto questo.

Ma come arrivano i riscontri della formazione? Sicuramente dal questionario di gradimento che si fa compilare in aula, ma quando questo non è possibile raccoglierlo, dai feedback che i partecipanti ti lasciano in diverso modo: alzate di mano, commenti sui social, e-mail di ringraziamento che ti arrivano anche qualche giorno o più semplicemente quando il gruppo ti ferma anche dopo la lezione per continuare a confrontarsi con te. Sono davvero tanti i segnali che un formatore può cogliere dal suo operato.

Ma ritorniamo al tema iniziale che mi ha spinto a scrivere questo post: che cosa imparo io dalla formazione

I esperienza: brand reputation

La prima esperienza di questa settimana è stata con gli alunni del Master universitario in Marketing, Sales & Digital Communication organizzato dall’ Università degli Studi di Torino. Sono stata contattata come relatore in virtù della esperienza come direttore marketing e comunicazione in aziende italiane e multinazionali, ma anche perché ho collaborato nel consiglio direttivo del CDVM, club dell’Unione Industriale di Torino che è stato uno dei promotori di questo Master.

Una ventina di giovani arrivano in aula, con il solito ritardo “accademico” dei 15 minuti. Io non amo arrivare in ritardo, e mezz’ora prima ero già lì a sistemare il pc e a fare le prove tecniche della mia presentazione.

Alcuni con fare un po’ svogliato e dallo sguardo poco interessato, si accomodano guardando il loro cellulare. Altri non staccano lo sguardo dal device fino a quando non dico “Benvenuti”.

Osservo e scruto, e inizio con quello che era il tema che mi era stato richiesto: la brand reputation.

Già dalla prima slides li avevo persi: alcuni volti nuovamente concentrati sul cellulare e altri con un’attenzione pari a quella di quando stai a guardare una partita di cricket quando sei solo un appassionato di calcio.

Non venivo pagata per questa testimonianza, avrei potuto “rilassarmi” e andare avanti con il mio programma. Ma non ci riuscivo. Dovevo trovare il modo di coinvolgerli. In che modo?

Facendoli partecipi del mio progetto di Travel for business, ho pensato. Ho, quindi, iniziato a raccontare che cosa avevo fatto in questi ultimi due anni come posizionamento del brand, di come il mio brand si fosse affermato e dei passaggi che avevo seguito man mano. Avevo messo in campo le mie competenze con il mio caso reale.

L’interesse man mano cresce, perché non era la solita lezione sulla brand reputation, ma era la storia di un caso reale applicato ad una lezione classica. Era una storia di vita, di esperienza concreta che mi animava e che ha fatto animare i ragazzi.

Ho raccontato del nuovo progetto della consulenza applicato alle aziende che hanno bisogno di controllare la spesa e di razionalizzarla ma che non si possono permettere un travel manager in azienda.

“Ma hai dei concorrenti?”, mi hanno chiesto con interesse.

Ho risposto: “molto pochi. E secondo voi è un vantaggio o uno svantaggio?” ho chiesto loro

Poiché non arrivava una risposta o dato a loro la mia risposta: “Per me è uno svantaggio. La concorrenza non è sempre penalizzante o una minaccia, ma anzi può rappresentare un grande stimolo per la tua attività. Perché hai un modello di confronto, perché è un impulso a creare un nuovo mercato e ad abbattere insieme le barriere che possono impedirlo”.  Un brand che vuole cambiare una cultura economica o sociale, o vuole posizionarsi su di un nuovo segmento di mercato ha bisogno di alleati, e non sempre questi sono “amici”.

Che cosa ho imparato da questa storia? Che oggi non mi arrabbierò più furiosamente quando vedo i miei articoli copiati sulla gestione dei viaggi d’affari, sulle innovazioni che sto portando avanti in termini di Business Travel ROI o di modelli gestionali. Oggi, l’importante è che di questi temi se ne parli, se ne parli bene e sempre più. Questo corso mi ha dato una nuova consapevolezza…e anche forza.

Che cosa mi ha fatto piacere? Leggere i tanti messaggi che privatamente i ragazzi mi hanno inviato subito dopo: “Grazie per la presentazione di stasera, a mio parere la più interessante dell’intero corso

Ma quello che più mi fa piacere è aver dato un piccolo contributo alla loro, spero, grande crescita.

II esperienza: Misurare il business travel

La seconda esperienza di questa settimana è stata all’evento di ADACI Service ad Arese. Sono stata invitata ad una testimonianza sul tema “Misurare il Business Travel”.

Platea numerosa, certamente diversa, persone mature con anni di esperienza sul campo professionale in ambito acquisti e servizi generali. Il mio intervento seguiva due temi molto interessanti sul facility management che riguardavano la gestione e la progettazione.

Non vi parlerò del mio intervento (se siete curiosi scrivetemi che vi racconterò sulla community), ma di quello raccolto in aula e più precisamente di come sia ancora necessario un modello di verifica degli acquisti dei servizi nelle aziende. I due precedenti relatori hanno più volte messo in evidenza di quanto tempo si impieghi a gestire un capitolato di gara, delle difficoltà anche a volte burocratiche o procedurali su cui ci si confronta con i diversi reparti aziendali interni e a volte esterni. Di come alla fine la negoziazione diventi quasi estenuante, fatta di cifre e non di aspetti di qualità o valori differenzianti. Hanno sottolineato più volte che acquistare un servizio non è la stessa cosa che acquistare un prodotto. “Non puoi sempre definire termini di confronto univoci e questi spesso te li dimentichi quando hai poi siglato l’accordo”. Ha commentato uno dei partecipanti.

“Quante volte avete fatto degli audit dei servizi che vi hanno erogato rispetto a quello che avevate chiesto nel capitolato di gara?!” ha quasi urlato uno dei relatori. “Quante volte siete andati a vedere di persona, a casa del fornitore, come realmente vi stava servendo e con quali livelli di qualità e performance?” ha poi aggiunto.

Mi accorgo come, anche per chi fa di mestiere il responsabile degli acquisti, spesso certe dinamiche siano molto simili agli acquisti del business travel. Nel modulo IV del percorso Main in cui parliamo di acquisti di travel management mi soffermo più volte sull’importanza dello sviluppo del processo di gara anche a livello interno e in termini di Service Level Agreement e definizione di KPI. E mi concentro in aula a spiegare dell’importanza che questi valori siano poi effettivamente controllati e delle modalità che possono essere eseguite per controllare la qualità del servizio.

Il tema degli acquisti dei servizi, a mio parere, necessiterebbe di una maggiore consapevolezza e questo in tutte le industry. Le vere economie non si fanno solo con il prezzo, ma anche (e soprattutto) con le verifiche delle conformità.

Fortunatamente nel pomeriggio ho incontrato a Milano il mio amico Massimo che ha gestito per anni il dipartimento travel di una grandissima banca italiana e mi ha raccontato come lui, nel suo lavoro, questi parametri andasse a controllarli direttamente e personalmente: non solo presso gli uffici dell’agenzia di viaggi (fosse a Bari o in qualsiasi altra città), ma anche presso i fornitori. La conoscenza di un mercato passa ancora una volta da un confronto attivo e da un calare la propria esperienza in quella dell’esperienza di chi ti offre una soluzione. Solo così si può davvero crescere e fare bene.

III esperienza: vendere il business travel

L’ultima esperienza di questa settimana è stata in aula presso una grande azienda della mia industry.  Questa volta con il vero cappello di formatore e non di testimonial.  Esperienza sicuramente affascinante poter parlare del tuo argomento principale e calarlo con le tecniche di formazione sulla vendita. Il gruppo, infatti, era composto da figure professionali che volevano incrementare le loro capacità commerciali nel business travel.

Che cosa ho imparato da questa esperienza? Quello che forse ho sempre saputo: che fare il formatore è una cosa che amo e che la passione che ci metto è sempre molto elevata. Quando mi preparo ad un corso mi stacco dal mondo.
Ma adesso, finita questa settimana, e nuovamente riconnessa devo rispondere ad un po’ di mail e telefonate che mi sono persa e passare qualche giorno a giustificarmi perché non ho risposto prima.

Alla prossima!

 

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