Come comunicare e lavorare con successo con altre culture

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Voler comunicare bene è sempre una sfida. Non è facile essere efficaci nella comunicazione con altre persone. Ma se due persone con una base culturale diversa entrano in comunicazione, la situazione diventa ancora più complessa.

Cultura e il modo di comunicare

La parola ‘cultura’ viene spesso usata per riferirsi alle manifestazioni artistiche di un paese o di un gruppo sociale. Pensate ad esempio al ‘Bonus Cultura’ del 2016 per i 18enni del governo Renzi.
Nel contesto della comunicazione interculturale si fa riferimento, invece, ad un significato molto più ampio del termine: si intende l’insieme di significati condivisi di un gruppo sociale,  ossia il modo in cui il gruppo percepisce il mondo, classifica le cose, costruisce la realtà attribuendo senso agli avvenimenti, alle relazioni e alla vita.

Penso che molti che operano in un contesto interculturale abbiano qualche volta vissuto un’esperienza di sorpresa o frustrazione simile alla seguente:  “Pensavo di esser stato chiaro, di aver capito il senso della discussione e di aver raggiunto un accordo …  ma ora scopro che loro hanno una percezione completamente diversa sui risultati e degli accordi presi.  Che ………!”

Nei vari paesi del mondo le persone comunicano in modo diverso. Ogni gruppo sociale sviluppa pratiche comunicative riconosciute valide nel proprio gruppo ma non è detto che un determinato modo di comunicare abbia la stessa efficacia al di fuori del gruppo. Ecco perché prendere qualcosa per scontato in una situazione interculturale è davvero rischioso. E’ molto più facile essere fraintesi o mal interpretare il messaggio ricevuto; un rischio dietro l’angolo. Quando si lavora con persone provenienti da altre culture, saper riconoscere e lavorare con tali differenze costituisce una competenza estremamente utile.

Ma come possiamo sviluppare maggiore competenza nella comunicazione interculturale?

Diversi anni fa durante un colloquio informale, il direttore vendite di una multinazionale che seguiva direttamente i suoi uffici commerciali in tutto il mondo, mi ha spiegato il suo approccio:  aveva comprato un libro in cui si dedicava ad ogni paese un preciso capitolo in base alla sua importanza.  Ogni capitolo forniva un’introduzione alle abitudini locali e dava informazioni e notizie culturali quali le principali feste, le regole di galateo, cenni storici e particolarità rispetto alle pratiche comunicative e negoziali di quel paese.  Il suo libro conteneva un capitolo sulla Russia, sulla Cina, sull’India, sulla Spagna, l’Argentina e così via. Prima di ogni viaggio di lavoro leggeva attentamente il capitolo relativo al paese che avrebbe visitato. Era molto soddisfatto della soluzione che aveva trovato perché gli permetteva di essere più efficace nelle trattative con clienti in tanti paesi diversi.

Il suo metodo è da considerarsi lodevole, perché conoscere meglio i valori e norme comportamentali della cultura altrui aiuta senza dubbio a creare una relazione di business di successo.
Tuttavia mi domando se tutto questo è sufficiente…

Assorbire una serie di informazioni relative ad un’altra cultura,  garantisce un miglioramento del proprio agire con le persone di tale cultura?

Per spiegare questo dubbio vorrei proporvi due riflessioni.

La prima è che, per quanto utile, c’è comunque un limite a quello che un libro come sopra può offrire. Pensiamo a un paese come l’India: un paese così vasto con tante lingue e etnie al suo interno. Siamo sicuri che coprirà tutte le eventualità? E quanto ci aiuterà se la controparte sarà un tecnico Indiano che ha studiato 6 anni negli Stati Uniti? Può darsi che non corrisponda assolutamente allo stereotipo sul popolo Indiano in merito alla sua percezione flessibile del tempo. Le possibilità rimangono così vaste che dipenderà molto dalla propria capacità personale di gestire in modo flessibile la situazione comunicativa che ci troviamo davanti.

La seconda riflessione è legata al fatto che per comunicare, ovviamente, bisogna essere almeno in due. Di conseguenza, le conoscenze che possiamo accumulare in merito alla cultura di provenienza della controparte riguarda solo metà degli attori attivi nell’interazione. L’altra metà siamo noi stessi. Anche il nostro personale modo di comunicare è influenzato dalla propria appartenenza culturale. Ma non è detto che ne siamo davvero consapevoli.

Questo è però molto importante, perché, quando si lavora con altre culture, si può inconsapevolmente essere soggetti alla tendenza di considerare la propria cultura superiore all’altra.
E’ in parte l’effetto della condizione che sulla propria cultura siamo, per forza di cose, molto più informati. Conosciamo più dettagli e così ci può sembrare anche più raffinata e sofisticata.  La cultura dell’altro, meno conosciuta, specie se di un paese lontano, sia geograficamente sia linguisticamente, ci può apparire più blanda e meno elaborata e forse anche meno ‘giusta’.

Comunicazione interculturale Travel for businessIn aggiunta, dato che siamo cresciuti nel contesto della propria cultura, l’abbiamo interiorizzata: le sue abitudini e i suoi valori sono diventati nostri. Questo ci porta a vivere quei comportamenti, che sono espressione della nostra cultura, come del tutto normali. Magari anche nei modi migliori possibili: “Questo nostro metodo è il modo migliore di condurre una riunione di progetto, perché è chiaro, razionale,  evita frustrazioni ed evita di ritornare più volte sulle stesse questioni” …   Altri comportamenti non appartenenti alla propria cultura, possono essere vissuti come ‘anormali’ e di conseguenza giudicati meno validi. Con le migliori intenzioni i propri valori vengono promossi a valori assoluti oppure a ‘verità’.

Il rischio dell’etnocentrismo

Si tratta di una specie di etnocentrismo che ci condiziona inconsapevolmente:  anche se concettualmente possiamo comprendere che i comportamenti diversi vengono considerati più che accettabili nella cultura della controparte (come il mio amico direttore vendite l’ha potuto evincere dal suo libro!), non è automatico che la nostra reazione emotiva sia positiva e che riusciamo ad accettare emotivamente le diversità.

Se poi gli interessi in gioco sono alti e si lavora sotto pressione, è facile che l’altro modo di agire venga rifiutato e la comunicazione risulti bloccata.

La chiave della comunicazione interculturale risiede in noi stessi

La conoscenza dell’altro, dunque, non è a mio avviso l’unico piano su cui lavorare per migliorare la propria competenza di comunicazione interculturale e costruire relazioni efficaci.

La chiave per comunicare e lavorare con successo con altre culture risiede in noi stessi. Richiede un lavoro più profondo, un accrescimento della consapevolezza dei propri condizionamenti culturali e della capacità di attribuire pari valore a modalità diverse di agire.

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